Bilbao, 28 feb. (askanews) – Una mostra che ripercorre la carriera di Jean Dubuffet dagli anni Quaranta fino alla morte, avvenuta nel 1985, e che restituisce il senso profondo di una lezione pittorica che ha avuto il coraggio di rifiutare i principi del decoro e della bellezza classica per andare in cerca di una verità artistica più grande. Il Museo Guggenheim Bilbao ha scelto di proporre al pubblico un percorso dentro l’opera di Dubuffet con un’esposizione che, fin dal titolo, vuole essere una "Fervente Celebrazione" del pittore francese. A curarla, dal Guggenheim di New York, è stato chiamato David Horowitz.
"Una delle cose fantastiche che si scoprono guardando i dipinti di Dubuffet – ha detto il curatore ad askanews – è che non c’è un solo modo di guardarli, ma si aprono diverse possibilità. Una di queste, quella che forse mi colpisce di più, è il senso di materialità e di consapevolezza del processo creativo che si coglie semplicemente guardando il lavoro. Credo che in questo ci sia una grande generosità, perché celebrando i materiali ci mostra come è fatto e cosa un dipinto può davvero essere".
Ogni quadro esposto è in un certo senso un trattato sui modi in cui la pittura definisce se stessa, sui materiali che possono darle una vita più concreta. Ma anche una dimostrazione, e sono parole dell’artista stesso, di come l’arte "possa recuperare dei valori disprezzati, come forma di fervente celebrazione", appunto. E con Horowitz è inevitabile affrontare a questo punto anche ii tema di una bruttezza che si fa meraviglia. "Io amo questo tipo di alchimia – ci ha detto – che ci fa pensare che questa cosa non dovrebbe risultare attraente, ma invece ci troviamo qualcosa di meraviglioso. Credo sia una delle cose più importanti che Dubuffet ci mostra: se siamo in grado di guardare a ciò che apparentemente non sembra meritevole di attenzione con occhi nuovi ci si aprono nuove letture e anzi ci si apre un vero nuovo mondo".
Ecco, osservandola nei suoi momenti e nel suo essere comunque un insieme, l’opera di Dubuffet sembra davvero essere stata una di quelle decisive per liberare altre energie e altre possibilità, che sono state poi raccolte da altri artisti e da altre correnti nel secondo Novecento, e citare Keith Haring o Basquiat viene spontaneo. "Io credo che in Dubuffet – ha concluso Horowitz – ci sia una vitalità, di idee e di approccio, che continua a essere utile agli artisti di oggi".
Altro aspetto molto particolare della mostra, che rientra nelle celebrazioni per i 25 anni del museo basco ed è aperta fino al 21 agosto, è che tutte le opere provengono dalle collezioni Guggenheim, a dimostrazione di quanta attenzione e di quanta modernità Dubuffet aveva saputo evocare con il suo lavoro così aperto a strade diverse.
(Leonardo Merlini)
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