Roma, 29 apr. (askanews) – Nel 1976 hanno vinto la Coppa Davis in Cile e poi sono arrivati altre tre volte in finale, diventando dei veri idoli del tennis. Dopo più di 40 anni Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci, Tonino Zugarelli si ritrovano protagonisti di "Una squadra", docuserie in anteprima al cinema il 2, 3 e 4 maggio e dal 14 maggio su Sky Documentaries e Now, in sei episodi. Il produttore Domenico Procacci, al suo esordio alla regia, li racconta senza retorica, come campioni ma anche come eroi un po’ imperfetti, a volte indisciplinati, spesso in contrasto tra loro. Con molta ironia e un po’ di nostalgia sono gli stessi protagonisti che svelano racconti, ricordi, dietro le quinte.
Procacci racconta: "Questi giocatori sono piuttosto lontani dalla retorica, sono lontani dall’autocelebrazione, sono lontani da quei rischi lì. A volte ho temuto anche che il racconto diventasse in un certo senso dissacrante, però spero che anche facendolo raccontare a loro con un certo spirito poi arrivi anche l’importanza di quelle che sono state le loro imprese sportive".
Barazzutti sottolinea: "Noi avevamo probabilmente dei milioni di persone che ci vedevano, mentre adesso non è la stessa cosa. Quindi la Davis e i risultati singolarmente hanno fatto di noi in quel periodo lì dei giocatori che hanno avuto una grandissima visibilità e che hanno dato un impatto molto forte al tennis".
"Una squadra" è stata per tutti l’occasione per ripercorre insieme un’epopea e condividere tanti ricordi, come spiega Zugarelli. "Diciamo che noi come squadra siamo andati sempre d’accordo, al di là di quello che molti hanno detto. Però mi ha sorpreso molto, a distanza di tanti anni, ricompattarci così, ed è stata per me una cosa molto bella e molto importante".
"Una squadra" non è però solo la testimonianza di una stagione d’oro del tennis e l’occasione per rivedere partite straordinarie. Procacci mostra anche come le strade di questi quattro giovanissimi si siano incrociate con la grande storia. Riaffiorano le polemiche politiche attorno alla partecipazione della squadra alla Davis nel Cile di Pinochet o lo sgomento dei protagonisti di fronte all’apartheid in Sudafrica nel 1974.
Panatta ricorda: "Sicuramente abbiamo imparato tantissimo, siamo cresciuti e maturati per le esperienze che abbiamo avuto nei posti e nelle persone che abbiamo incontrato, insomma. Difficilmente un ragazzo di quell’età ha la possibilità, a quei tempi, di girare il mondo e di conoscere persone e personalità differenti".
Alla domanda cosa ne pensino dell’esclusione, oggi, da Wimbledon dei tennisti russi e bielorussi, Bertolucci risponde: "Noi l’abbiamo provato sulla nostra pelle, doverci trovare in questa situazione. Invece dopo 40 anni si vede che gli uomini ancora non hanno capito, quindi ci ritroviamo in una situazione difficile, complicata, come questa, del boicottaggio di Wimbledon. Vediamo che cosa accadrà, c’è ancora un po’ di tempo, bisogna solo sperare che la situazione migliori e che i giocatori, che sono semplici professionisti, possano continuare a fare il loro lavoro".
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