MILANO (ITALPRESS) – Quali azioni concrete a supporto della genitorialità sono ritenute indispensabili? Qual è la percezione delle donne italiane rispetto all’aiuto offerto dalle istituzioni e dal contesto sociale (famiglia, amici, lavoro) per la cura dei figli? Sono queste alcune delle domande a cui Amazon ha provato a rispondere attraverso un sondaggio d’opinione commissionato a SWG.
La Festa della Mamma diventa occasione di riflessioni in tema di parità di genere e su come supportare la genitorialità sul posto di lavoro per garantire a tutte le madri e alle donne che desiderano un figlio le stesse opportunità professionali degli altri.
In Amazon, le donne rappresentano il 53% dei dipendenti presso gli uffici corporate di Milano, Torino, Roma e del customer service a Cagliari. La percentuale raggiunge il 35% nel settore logistico, dove, secondo gli ultimi dati Istat, la media nazionale è pari al 21,8%. La rappresentanza di genere è pilastro strategico e valore fondamentale della visione aziendale, che infatti prevede un attento sviluppo di politiche a sostegno della genitorialità.
Il primo dato, netto e inequivocabile, che si può evincere dall’analisi dei risultati SWG è che il sostegno nella cura dei figli spesso non arriva dal datore di lavoro o dal welfare pubblico, con uno scarto importante tra la percezione dell’aiuto atteso e quello effettivamente ricevuto. Per la maggior parte dei casi è, infatti, la famiglia a offrire un sostegno effettivo, come confermato dall’81% delle intervistate.
Un altro aspetto chiaro è l’importanza attribuita al datore di lavoro, che riveste un ruolo centrale per la maggior parte delle intervistate nel loro approccio alla genitorialità. Per l’83% delle donne italiane, infatti, il supporto dell’azienda o dell’ente in cui si lavora è fondamentale per affrontare al meglio la gestione della maternità. In particolar modo, alla propria azienda si richiede un alto livello di flessibilità in tutte le sue forme: oraria, sotto forma di part time o smart working. Proprio con l’obiettivo di rispondere alla crescente richiesta di flessibilità, Amazon si è impegnata per implementare nella sua divisione logistica una rimodulazione degli orari, ponendo al centro le esigenze di tutte le famiglie. Si chiama “Turno Famiglia” e dà la possibilità a chi ha bimbi piccoli (fino ai 3 anni di età) di lavorare su un turno fisso, anzichè ruotare, e di scegliere quello più adatto in base all’apertura delle scuole o al lavoro del partner.
Rossella, ingegnere meccanico, è mamma di due bambini e lavora presso il centro di distribuzione Amazon di Colleferro, in provincia di Roma, dove ricopre il ruolo di Operation Manager: “Mi è stata data fin da subito la possibilità di gestire la famiglia conciliandola con il lavoro: ho evitato i turni notturni, concentrando tutto solo durante il giorno. Questa flessibilità mi è stata di grande aiuto perchè, essendomi trasferita da poco, non avevo parenti a cui affidare mio figlio”.
Significativa è la richiesta, espressa dal 54% delle intervistate, di un’estensione del congedo parentale retribuito rispetto a quello previsto per legge, attuato direttamente da parte del datore di lavoro. Un’azione concreta che Amazon ha adottato: tutti i dipendenti in Italia, infatti, possono usufruire di un congedo parentale esteso rivolto a tutte le coppie sposate, conviventi, omogenitoriali e di fatto, che prevede fino a 6 settimane di assenza retribuita, per figli naturali e adottivi. L’estensione del congedo parentale in Amazon, inoltre, consente di integrare la copertura al 100% della maternità, rispetto all’80% garantito dallo Stato, l’assicurazione sanitaria e l’assistenza medica privata.
Quanto sia essenziale un modello organizzativo flessibile capace di andare incontro alle esigenze di una neomamma lo testimonia anche Patricia, 36 anni e mamma di un bimbo di 3, che da 11 anni fa parte del team Amazon di Customer Service a Cagliari: “Quando sono rientrata dalla maternità ho chiesto e ottenuto un cambio di ruolo perchè volevo imparare aspetti nuovi del mio lavoro. La flessibilità e il supporto che ho trovato in Amazon mi hanno permesso di vivere questo periodo serenamente e senza pressione. Le aziende private possono arrivare dove lo Stato non arriva: la possibilità di poter scegliere l’orario di inizio della mia giornata lavorativa, ad esempio, mi è stata molto utile e ad oggi mi consente di portare ancora tutte le mattine mio figlio all’asilo”.
C’è poi Lara, 33 anni, da meno di un anno entrata nel team legale di Prime Video negli uffici Amazon Corporate di Milano, che aggiunge: “La mia è una storia particolare, credo un unicum in Italia. Non molte grandi aziende, dopo la mia dichiarazione di essere incinta durante la selezione, avrebbero proseguito, dandomi un’opportunità in quel momento.
Negli ultimi 10 anni in Italia, il numero di nuovi nati è costantemente diminuito e, al contempo, è aumentata l’età media delle donne al primo figlio (da 31,4 anni nel 2013 a 32,4 anni nel 2021).
La tendenza trova riscontro anche nei risultati dell’indagine SWG, che evidenzia come la quota di donne che non hanno figli o non pensano di averne in futuro sia in netta crescita nel passaggio da una generazione all’altra. In particolare, quasi 4 under 34 su 10 dichiarano di non essere intenzionate ad avere figli (37%). Le motivazioni alla base di questa scelta, confermate dai risultati del sondaggio, sono molto diverse: dai cambiamenti culturali, che hanno svuotato il carattere obbligatorio della maternità nella vita delle donne, alle preoccupazioni di tipo economico, all’ambizione di realizzazione professionale, alla serenità nell’avere altre priorità e desideri per la propria vita. Tra coloro che non hanno figli, infatti, una donna su quatto ritiene che la maternità non sia necessaria per potersi sentire realizzate come persone (23%); altre esprimono preoccupazione in relazione ai costi necessari per crescere un figlio (12%), agli effetti sulla propria carriera professionale (6%) e, più in generale, il timore per una responsabilità che si fatica ad assumere (13%).
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