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Milano, 8 gen. (askanews) – Una vera e propria Grindr ma questa volta davvero Made in China. Cinquantotto milioni di utenti e azioni quotate a New York: otto anni dopo aver lasciato le forze di polizia, Ma Baoli è il capo della maggiore app di incontri gay nel regno del Dragone: "Blued".
Dal suo quartier generale a Pechino, con grandi finestre, che fanno molto Silicon Valley, l’ex poliziotto ricorda quello che scrivevano i siti cinesi nel 2000 a proposito di omosessualità: i gay sono pervertiti o al massimo pazienti in attesa di una cura.
Oggi invece mostra con orgoglio le foto nel suo ufficio con personalità come il premier cinese Li Keqiang.
"Mi sentivo molto solo dopo aver realizzato il mio orientamento sessuale", dice il manager 43enne, ex agente di polizia in una piccola città costiera nel nord della Cina, parlando di bellissime storie d’amore nate grazie alla sua app e dichiarando che secondo lui prima o poi anche a Pechino i matrimoni gay si potranno celebrare.
Un ottimismo spiazzante, forse anche grazie al fatto che l’applicazione ha fatto il botto grazie alla sua perseveranza. La società madre di Blued, BlueCity, è entrata al Nasdaq lo scorso luglio, raccogliendo 85 milioni di dollari. Un successo sbalorditivo per un’azienda di un paese considerato socialmente conservatore.
BlueCity non ha ancora realizzato profitti, sebbene la registrazione su Blued sia a pagamento. Ma le perdite si stanno riducendo. Il colosso con cui competere è comunque l’americana Grindr, acquistata nel 2016 da un gruppo cinese e successivamente ceduta a seguito dell’intervento di Washington, che temeva che gli abbonati potessero essere ricattati.