Bologna, 12 mag. (askanews) – I progressi compiuti dalla medicina negli ultimi decenni hanno aperto nuove rivoluzionarie possibilità: nel contempo, l’hanno resa più lontana dalle persone, aumentando il divario tra mondo scientifico e pazienti. Da qui la necessità di "Educare alla cura: insegnare e apprendere", tema scelto per il Festival della Scienza medica che si è aperto a Bologna con un intervento del premio Nobel per la chimica 2012 Brian Kobilka.
Il direttore scientifico, Gilberto Corbellini.
"Il tema è abbastanza importante perché riguarda due aspetti che sono emersi già durante la pandemia. Da un lato la necessità che nella formazione dei medici vi sia una sufficiente ampiezza nella preparazione ma anche una relativa flessibilità, perché ci sono diverse condizioni cliniche e diverse malattie che sono implicate nel rischio per la salute. E dall’altra parte bisogna cercare di avere le condizioni perché gli studenti che frequentano Medicina imparino più efficacemente quello che gli viene insegnato ma allo stesso tempo anche il pubblico in generale venga meglio informato e preparato per seguire o per fidarsi delle cose che i medici dicono per prevenire o curare le malattie".
Oltre 30 eventi con 80 relatori per riflettere sulla ricerca di base ma anche sulle sfide organizzative della sanità del futuro, delle tecnologie, della responsabilità penale dei medici fino ai problemi di salute mentale che il Covid ha portato alla luce. Il presidente e ideatore del Festival, Fabio Roversi-Monaco.
"Quello che noi crediamo di poter ricevere in un discorso di continuità nel tempo, dato che questa è l’ottava edizione del Festival, è il collegamento con le altre università di tutto il mondo, è la capacità di comprendere che se non si segue questa linea, cioè quella di diffondere conoscenza e acquisirne, l’Italia ne avrebbe sicuramente un danno. In realtà la ricerca medica e scientifica italiana è di alto livello. A questo punto è anche di alto livello l’attività che viene svolta dalle aziende, soprattutto farmaceutiche ma non solo. Quindi è un settore in forte ebollizione".
L’insegnamento della medicina è in continua evoluzione, ma la pandemia ha insegnato che la didattica a distanza non è possibile nelle facoltà di Medicina. Luigi Bolondi, Professore di Medicina Interna presso l’Università di Bologna.
"Pensi che il numero degli studenti da sempre è stato commisurato dal numero dei letti con i pazienti che sono a disposizione degli studenti. Per cui la pandemia ci ha dimostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, che è impossibile insegnare la medicina senza la parte pratica che si svolge nei reparti. Chiaramente oggi ci sono dei sistemi di simulazione, dei manichini molto tecnologizzati che possono aiutare, ma non possono sostituire la presenza del malato".