E’ arrivato il terzo anniversario della morte di Mario Paciolla, il cooperante italiano trovato morto in Colombia il 15 luglio del 2020 in circostanze misteriose. I genitori di Mario non hanno mai creduto alla versione del suicidio, sentenziata dalle autorità colombiane, e negli anni hanno raccolto molti elementi che dimostrano come Mario sapesse di essere in pericolo e per questo la notte prima della morte, stesse provando in tutti i modi a rientrare in Italia.
La Procura della Repubblica di Roma dovrà decidere sull’archiviazione del caso o sulla proroga delle indagini. " Noi abbiamo fiducia nella magistratura – ha detto a Fanpage.it Anna Motta, mamma di Mario – perché sappiamo che sono emersi elementi rilevanti, come l’autopsia che racconta come i tagli sul corpo di Mario siano stati inferti poco prima della morte e dopo la morte, e questi elementi vanno valutati e spiegati". Ma la i genitori, e tutte le realtà della società civile che sostiene la battaglia per la veritià e la giustizia per Mario Paciolla, sono convinti: " Noi non crediamo al suicidio e non ci crederemo mai, noi siamo sicuri che Mario è stato ammazzato". A supportare la tesi anche un’inchiesta della giornalista colombiana Claudia Duque, che ha ricostruito come il lavoro di Mario, osservatore dell’ONU sul processo di pace tra governo colombiano e i guerriglieri delle FARC, sia finito al centro di uno scontro politico interno al paese.
" Mario sapeva di essere in pericolo, la sua era una lucida paura, che qualcuno definisce come un disturbo emotivo psichico – sottolinea la mamma – ma Mario aveva organizzato tutto per rientrare e stava affrettandosi a tornare a Napoli perché aveva capito di essere in pericolo".
https://youmedia.fanpage.it/video/aa/ZLJN4eSwtoUXdnpC