Milano, 22 gen. (askanews) – Con i musei chiusi a lungo per via della pandemia, le gallerie d’arte, essendo classificate come attività commerciali, spesso sono rimaste aperte, pur con molte incertezze, distinguo e difficoltà, nel periodo tra il lockdown generale e il ritorno delle zone rosse. In un certo senso si sono fatte portavoce di quel bisogno di cultura che continua a esistere, probabilmente anche aumentato per la situazione che stiamo vivendo. Per provare a capire come si riesce a fare oggi il mestiere del gallerista abbiamo incontrato Tommaso Calabro, trentenne milanese che rappresenta la nuova generazione di imprenditori che hanno scelto l’arte come proprio terreno d’azione.
"Al di là della situazione attuale – ha detto ad askanews – è sempre stato mio desiderio portare qualcosa alla società, portare qualcosa a chi è interessato al mondo dell’arte attraverso i miei spazi, attraverso le mostre che ho organizzato qui in galleria".
Mostre che, nello spazio di piazza San Seplocro a Milano, sono state spesso dedicate a riscoprire personaggi, come il gallerista greco Alexander Iolas, cui è dedicata la mostra attualmente allestita da Calabro, con la collaborazione di una star del sistema dell’arte come Francesco Vezzoli.
"Per me – ha aggiunto il gallerista – è importante che la gente sappia chi erano Alexander Iolas o Carlo Cardazzo, o che vengano a vedere opere di Dubuffet. Parliamo di figure storiche che hanno caratterizzato l’arte del Novecento e l’hanno indirizzata su dei binari molto precisi".
Come si vede, la ricerca è uno dei punti su cui Tommaso Calabro punta con forza, e lo si capisce anche dalla ricercatezza degli allestimenti, dal gusto curatoriale raffinato che si assapora nelle stanze. Ma qui si parla anche di imprenditoria, di lavoro, di pianificazione. E in questo senso il momento è decisamente complicato.
"Quello che manca – ha detto – è un’idea di pianificazione alla base, e questo lo dico più come imprenditore che come gallerista, perché fare una mostra in una galleria come la mia comporta delle spese molto importanti e, in una situazione del genere, dei dubbi molto importanti. E’ inevitabile per me, come gallerista e imprenditore, avere delle informazioni chiare. A me serve sapere quando potrò aprire, in che condizioni e per quanto potrò stare aperto. Sono tutte domande a cui so che in questo momento è difficile dare risposta, ma sono domande che stanno pesando notevolmente".
Inevitabile anche interrogarsi sulle scelte politiche che hanno sostanzialmente fermato quasi del tutto il settore della cultura, che, tra l’altro, per l’Italia è uno dei più strategici.
"Trovo assurdo – ha aggiunto Calabro – che i musei siano chiusi in una situazione come quella attuale, non ho mai visto, a parte per delle mostre blockbuster su Frida Kahlo o sugli impressionisti delle grandi code nei musei all’interno dei musei non ho mai visto nessuna sala particolarmente affollata. Qui ho 500 mq di spazio, quindi uno spazio molto grande e anche nei momenti di massima presenza ci sono 15 persone contemporaneamente, per cui non vedo che danni o incertezze ci possano essere in situazioni del genere".
E anche allargando il campo del ragionamento, provando a guardare al futuro del sistema, dell’arte in questo caso e del suo mercato, gli scenari sono complessi, esattamente come lo sono quando si ragiona a livello sociale. E anche in questo settore l’aumento delle disuguaglianze rappresenta un aspetto problematico.
"Quello che è venuto a mancare, quello che verrà a mancare sempre di più – ha concluso Tommaso Calabro – è una classe media che possa essere interessata all’acquisto di opere d’arte con valore tra i 15mila e i 50mila euro. Questo secondo me è un campanello d’allarme, perché, secondo il mio punto di vista, è il merito che poi spinge il mondo dell’arte".
Come si vede, anche nelle stanze eleganti di un raffinato palazzo del centro di Milano, circondati da opere di Max Ernst o di Martial Raysse, le domande sul futuro del mondo dell’arte diventano le domande sul futuro di tutti noi, della nostra società. Forse questa, alla fine, è anche una delle risposte al quesito su come certe gallerie d’arte hanno saputo assumere un ruolo significativo nel momento delle grandi chiusure culturali.
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