Margaret Howe Lovatt è sempre stata la “donna che parlava con i delfini”. La sua storia nasce negli anni ’60 quando, allora giovane ricercatrice, venne coinvolta in un esperimento della Nasa: avrebbe dovuto vivere in una casa trasformata in un enorme acquario a stretto contatto con il giovane delfino Peter. Scopo del progetto era quello di riuscire a insegnare la lingua inglese al giovare mammifero. La donna e l’animale trascorsero dieci settimane insieme: la struttura permetteva loro di mangiare, dormire e giocare sempre insieme. Ma di quel progetto, proprio alla vigilia della pubblicazione del documentario, esce anche un aspetto intimo e choccante. Alla quarta settimana trascorsa insieme si verificarono segnali tali da preoccupare la ricercatrice: «Peter era diventato sessualmente eccitato durante la settimana. Trovavo che i suoi desideri stavano ostacolando la nostra relazione». Così il delfino venne mandato per qualche giorno in una vasca con altri due esemplari. Il periodo di allontanamento sembrò funzionare visto che al suo ritorno il mammifero si mostrava più gentile e meno aggressivo. Ma poco per volta la Lovatt capì che questo atteggiamento era una sorta di corteggiamento: «Si avvicinava per farsi accarezzare la pancia e la zona genitale. Forse era il suo modo per coinvolgermi in un gioco sessuale senza spaventarmi». Un rapporto diventato sempre più intenso e intimo, così come racconta la stessa Lovatt nel documentario: «A Peter piaceva stare... con me. Si strofinava sul mio ginocchio, sul mio piede o sulle mie mani. Non ero a disagio. Lo lasciavo fare”». Qualcosa che poco per volta diventò parte del progetto: «Non mi sentivo a disagio. Fin quando non diventava rude, per me era più facile incorporarlo nel progetto e lasciare che accadesse. Era qualcosa di prezioso e gentile. Peter era lì e lui sapeva che io ero lì per lui». Frasi che fanno già discutere su molti media e che ingrandiscono ancora di più gli aspetti negativi di quel progetto: al di là di questo rapporto particolare, Peter, come altri animali, venne anche sottoposto a iniezioni di Lsd per capire le reazioni dei mammiferi a questo tipo di droga. La ricercatrice si oppose, ma una donna negli anni ’60 aveva poco potere rispetto al suo responsabile. Poi come speso accade i finanziamenti per questo tipo di progetto terminarono e i delfini vennero portati in una struttura fatiscente. In poco tempo la salute di Peter, lontano dalle cure della sua amica, si deteriorò presto fino alla tragica notizia: Peter si suicidò rifiutandosi di respirare rimanendo sul fondo della vasca.