Arrivato questa mattina negli uffici di via Melara, Eduardo Macía, ha parlato per la prima volta da Chief Football Officer dello Spezia Calcio:
– Com’è stato il suo primo impatto con lo Spezia Calcio?
Il mio primo impatto è il motivo per cui sono qui. Ho colto fin da subito l’opportunità stimolante di contribuire a costruire il futuro di questo Club e indirizzare i prossimi passi per elevarne il pedigree: facendo un esempio automobilistico, attualmente siamo nella F1 del calcio, abbiamo una vettura con buone basi e ora dobbiamo concentrarci per svilupparla insieme.
– Cosa l’ha particolarmente attratta del progetto della famiglia Platek?
Come abbiamo ampiamente discusso nei nostri incontri, quello che mi ha attratto fin da subito è la reale opportunità di costruire un progetto ambizioso e solido, che possa portare avanti l’intera visione del Gruppo Platek da un punto di vista strategico, ma sempre tenendo presente dove e chi siamo al momento per apportare i continui miglioramenti che vogliamo ottenere; mi è stata data l’opportunità di fare qualcosa di diverso, di pensare al futuro e portare un fattore di avanguardia nelle strategie del club.
– Quali valori considera indispensabili nel suo lavoro e cosa si aspetta dalle sue squadre?
Ho sempre considerato la competitività come un punto chiave notevole: non possiamo sbagliare in termini di personalità, comprensione del gioco e coerenza all’interno della squadra e dobbiamo costruire le nostre fondamenta a partire da questo, da giocatori che portino questo approccio al gioco. Quando si gioca ai massimi livelli non si possono privilegiare gli aspetti tecnici, tattici o fisici, ma l’intensità, la capacità di prendere decisioni in campo, l’alta percentuale di successo nelle giocate: in parole povere, un club deve “pagare per la testa e il cervello, non solo per i piedi”. Quando si ottiene questo risultato, si porta l’intera macchina al livello successivo e la si può far evolvere al massimo livello, poiché i giocatori si divertono a competere e non hanno in mente la pressione della montagna da scalare.
Un approccio simile lo dobbiamo adottare per i nostri ragazzi del Settore Giovanile, in modo che quando toccherà a loro affacciarsi al calcio dei pro, questi siano giovani pronti a giocare e non semplicemente dei giovani. Questa è la caratteristica principale dell’identità che dobbiamo sviluppare. Poi, naturalmente, viene lo stile di calcio, ovvero il modo in cui si imprime la nostra identità sul campo, e questo inizia selezionando un allenatore capace di farlo, come abbiamo fatto con Luca Gotti, passando poi per i giocatori che devono svilupparlo sul campo.
– Ha già avuto modo di parlare con l’allenatore Luca Gotti? Cosa vi siete detti?
Abbiamo avuto un primo colloquio positivo, nel quale ho voluto in primis esprimere la mia fiducia nei suoi confronti, trasmettergli serenità e sottolineare quanto sia importante far crescere la squadra attraverso il suo lavoro. Abbiamo parlato un po’ della rosa e del momento attuale, di cui parleremo approfonditamente nei prossimi giorni. Dobbiamo continuare a lavorare e migliorare sempre, anche quando pensiamo di stare facendo bene, perchè il mondo del calcio è così competitivo che appena ci si rilassa, si fa presto ad andare a fondo molto velocemente, pertanto dobbiamo sempre mantenere alta l’asticella della concentrazione.
– Sicuramente avrà già visto giocare lo Spezia Calcio. Quali margini di miglioramento vede?
Come ho detto prima, questa è una rosa che può ancora crescere tanto e deve essere l’obiettivo di tutti, perchè solo così sarà possibile togliersi grandi soddisfazioni. Il lavoro aiuta tutti, perchè l’allenatore ne può apprezzare i frutti e i giocatori devono capire che non bisogna mai fermarsi o accontentarsi: vogliamo portare a casa altri successi, ma sempre restando con i piedi per terra, dando il 100% e non pensando mai che basti dare di meno.
– La rosa dello Spezia Calcio è una delle più giovani del campionato quest’anno. Può essere un valore aggiunto sia nel presente che nel futuro? Come si fa a tirare fuori il meglio dai giovani?
È molto interessante: i giovani giocano in modo molto energico, senza paura e questo è positivo per la squadra. Poi c’è la comprensione del gioco, l’intelligenza, la consistenza, tutte qualità che bilanciano abbastanza bene ciò che i giovani apportano, ed è qualcosa che dobbiamo assolutamente avere in squadra, se vogliamo fare prestazioni e allo stesso tempo valorizzare i nostri calciatori.
– Nella sua carriera lei ha lanciato molti giovani brillanti nel mondo del professionismo. Qual è il suo approccio al calcio giovanile e quali progetti ha per il settore giovanile?
Molte volte penso all’esperienza come a un pettine che qualcuno ti dà quando sei calvo. A volte l’esperienza ti fa rimanere nel passato, replicando gli errori perché pensiamo che qualcosa che hai fatto bene cinque anni fa funzioni anche oggi e ciò non ti permette di vedere il processo di crescita che puoi portare alla tua nuova squadra. Voglio crescere giovani pronti a giocare al fianco di giocatori con un alto livello di intelligenza, una buona comprensione del gioco e un approccio competitivo, invece che farli giocare al fianco di calciatori che “hanno esperienza e saranno un buon acquisto” semplicemente perché hanno giocato 150 partite in precedenza. I giovani sentono di più il sostegno di leader coerenti e propositivi, piuttosto che di “ragazzi con esperienza”. Questo è un segreto: se porti un approccio proattivo, tutti diventeranno proattivi, passo dopo passo.
– Nel suo curriculum ci sono soprattutto club molto importanti. Sarà diverso in una realtà emergente come lo Spezia Calcio?
Il calcio è fatto di sfide, e bisogna capire cosa significa quella parola a seconda del club in cui si lavora. Ci sono differenze evidenti tra gli obiettivi del Liverpool, del Valencia o della Fiorentina e quelli dello Spezia. Ma la cosa più importante è tenere a mente che, se non si raggiunge un obiettivo finale, si può sempre migliorare. Le realtà emergenti hanno bisogno di basi solide, questa è la sfida di partenza e da lì saliremo, aggiungendo miglioramenti fino a raggiungere il nostro livello massimo. Questo è in accordo con la nostra strategia: non basta parlare di “salvezza”, ma di come vogliamo raggiungere questo obiettivo; a quel punto ci evolveremo ulteriormente, ovviamente senza dimenticare quell’obiettivo raggiunto, ma pronti per il passo successivo.
– La Spezia è una piccola città, ma ha una tifoseria molto calda e appassionata. Ha un messaggio per loro?
In termini di comportamento mostrano qualcosa di simile alla passione che i tifosi del Liverpool hanno sempre portato in tutti gli stadi. Entrambe le città e le persone hanno delle similitudini: il porto, si trovano nella parte nord-occidentale del Paese, il calore che portano alle partite i tifosi e il sostegno che danno ai giocatori. In questa città i tifosi sono davvero orgogliosi del loro Club e questo l’ho visto anche in passato quando sono venuto all’Alberto Picco. Mi piacerebbe vedere questa passione in ogni minuto: allo stadio e per le strade, nei momenti belli e in quelli difficili, in poche parole per me la passione deve essere sempre in primo piano.
(Foto LaPresse)
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