REGGIO EMILIA (ITALPRESS) – Presentati i risultati del progetto Strenght2Food, il percorso quinquennale finanziato dall’Unione Europea – nell’ambito del programma Horizon 2020 – che ha visto il coinvolgimento di tredici partner accademici europei, tra cui l’Università di Parma, il Consorzio Parmigiano Reggiano, Barilla, la Federazione Provinciale Coldiretti e due partner accademici extra europei.
I tre temi cardine del progetto di ricerca hanno riguardato l’approfondimento della sostenibilità delle filiere inquadrate negli Schemi di Qualità Alimentare (SQA), quali i prodotti a Denominazione di Origine Protetta (DOP), ad Indicazione Geografica Protetta (IGP) e le produzioni biologiche, la valutazione degli impatti dei sistemi di approvvigionamento alimentare nel settore pubblico e l’efficacia delle filiere corte.
La conferenza conclusiva ha fornito agli Stati Membri raccomandazioni per migliorare le politiche sulla sostenibilità, esempi di buone pratiche per promuovere diete sane, ma anche la possibilità di approfondire gli strumenti metodologici applicati nei vari progetti di ricerca e di fare rete tra tutti i soggetti partecipanti.
Nell’ambito dell’approfondimento degli Schemi di Qualità Alimentare, che hanno visto il coinvolgimento del Parmigiano Reggiano come caso studio insieme ad altri 25 prodotti, è stata in particolar modo esaltata la possibilità di queste filiere di generare beni pubblici in tre ambiti: conservazione del patrimonio culturale; sviluppo socio-economico; tutela delle risorse naturali.
“E’ stato un piacere lavorare con il consorzio del Parmigiano Reggiano nell’ambito del progetto Strength2Food – afferma Matthew Gorton dell’Università di Newcastle, coordinatore del progetto – Abbiamo selezionato il Parmigiano Reggiano come esempio di Indicazione Geografica consolidata, con esportazioni consistenti che apportano importanti benefici socioeconomici alla regione. Attraverso il nostro scambio di conoscenze e le azioni pilota, altri Consorzi di Indicazioni Geografiche in Europa e oltre hanno tratto insegnamento dal caso del Parmigiano Reggiano”
La filiera del Parmigiano Reggiano è composta da oltre 300 caseifici produttori e oltre 2.600 aziende agricole per un totale di 50 mila persone coinvolte. La produzione ha raggiunto i 3,94 milioni di forme, pari a circa 160 mila tonnellate. Di queste, il 44% è stato destinato all’export. Il giro d’affari alla produzione del Parmigiano Reggiano è di 1,35 miliardi di euro, al consumo arriva a 2,35 miliardi di euro.
Dal punto di vista sociale, la filiera del Parmigiano Reggiano, genera localmente un indotto che, in particolare nelle aree rurali svantaggiate a rischio spopolamento, contribuisce a mantenere la popolazione sul territorio. Inoltre, sotto l’aspetto dell’economia del territorio, si generano direttamente posti di impiego e si possono aprire anche opportunità legate al turismo e alla promozione dei prodotti del territorio.
“Le nostre risorse non sono infinite e vanno preservate per soddisfare le esigenze attuali e future – sottolinea Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio – L’attenzione è rivolta anche al mantenimento della peculiare biodiversità preservando quindi specie vegetali e razze autoctone. Siamo convinti che tutelare la DOP significhi prima di tutto preservare il territorio sul quale viene prodotta, i prati stabili, i batteri buoni del Parmigiano Reggiano e tutto ciò che la natura ci ha messo a disposizione per realizzare questo formaggio straordinario”.
(ITALPRESS).
I tre temi cardine del progetto di ricerca hanno riguardato l’approfondimento della sostenibilità delle filiere inquadrate negli Schemi di Qualità Alimentare (SQA), quali i prodotti a Denominazione di Origine Protetta (DOP), ad Indicazione Geografica Protetta (IGP) e le produzioni biologiche, la valutazione degli impatti dei sistemi di approvvigionamento alimentare nel settore pubblico e l’efficacia delle filiere corte.
La conferenza conclusiva ha fornito agli Stati Membri raccomandazioni per migliorare le politiche sulla sostenibilità, esempi di buone pratiche per promuovere diete sane, ma anche la possibilità di approfondire gli strumenti metodologici applicati nei vari progetti di ricerca e di fare rete tra tutti i soggetti partecipanti.
Nell’ambito dell’approfondimento degli Schemi di Qualità Alimentare, che hanno visto il coinvolgimento del Parmigiano Reggiano come caso studio insieme ad altri 25 prodotti, è stata in particolar modo esaltata la possibilità di queste filiere di generare beni pubblici in tre ambiti: conservazione del patrimonio culturale; sviluppo socio-economico; tutela delle risorse naturali.
“E’ stato un piacere lavorare con il consorzio del Parmigiano Reggiano nell’ambito del progetto Strength2Food – afferma Matthew Gorton dell’Università di Newcastle, coordinatore del progetto – Abbiamo selezionato il Parmigiano Reggiano come esempio di Indicazione Geografica consolidata, con esportazioni consistenti che apportano importanti benefici socioeconomici alla regione. Attraverso il nostro scambio di conoscenze e le azioni pilota, altri Consorzi di Indicazioni Geografiche in Europa e oltre hanno tratto insegnamento dal caso del Parmigiano Reggiano”
La filiera del Parmigiano Reggiano è composta da oltre 300 caseifici produttori e oltre 2.600 aziende agricole per un totale di 50 mila persone coinvolte. La produzione ha raggiunto i 3,94 milioni di forme, pari a circa 160 mila tonnellate. Di queste, il 44% è stato destinato all’export. Il giro d’affari alla produzione del Parmigiano Reggiano è di 1,35 miliardi di euro, al consumo arriva a 2,35 miliardi di euro.
Dal punto di vista sociale, la filiera del Parmigiano Reggiano, genera localmente un indotto che, in particolare nelle aree rurali svantaggiate a rischio spopolamento, contribuisce a mantenere la popolazione sul territorio. Inoltre, sotto l’aspetto dell’economia del territorio, si generano direttamente posti di impiego e si possono aprire anche opportunità legate al turismo e alla promozione dei prodotti del territorio.
“Le nostre risorse non sono infinite e vanno preservate per soddisfare le esigenze attuali e future – sottolinea Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio – L’attenzione è rivolta anche al mantenimento della peculiare biodiversità preservando quindi specie vegetali e razze autoctone. Siamo convinti che tutelare la DOP significhi prima di tutto preservare il territorio sul quale viene prodotta, i prati stabili, i batteri buoni del Parmigiano Reggiano e tutto ciò che la natura ci ha messo a disposizione per realizzare questo formaggio straordinario”.
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