a cura di Olimpia Peroni
Quasi un italiano su tre vuole reintrodurre la pena di morte – e tra questi c’è chi condannerebbe a morte anche chi commette furti.
Questi sono i risultati shockanti dell’ultimo sondaggio di Swg: infatti secondo l’Osservatorio, il 31% degli italiani è favorevole a reintrodurre la pena capitale.
E se pensate che la situazione non possa essere più preoccupante, vi sbagliate. Alla domanda “Quali tipi di reato dovrebbero essere puniti con la pena di morte?”, le risposte non hanno implicato solo i reati più gravi, come l’omicidio. Vediamole insieme:
il 28% risponde che è una pena adatta all’omicidio
il 25% ai casi di pedofilia
il 23% la ritiene adatta allo stupro
13% tentato omicidio
13% violenza domestica
11% omicidio stradale
e… il 5% degli intervistati la ritiene una pena adatta per chi commette… un furto.
La pena di morte in Italia è stata ufficialmente abolita nel 1948, con l’entrata in vigore della Costituzione. In realtà, però, era stata già abolito nel Regno d’Italia nel 1889 – per poi essere reintrodotta in epoca fascista.
Ma cosa spinge le persone a volerla reintrodurre dopo quasi 80 anni? Probabilmente un senso di insicurezza sempre più forte – che è, sotto certi aspetti, anche immotivato, dato che i numeri di omicidi e reati avvenuti in Italia negli ultimi anni registrano un calo costante. C’è quindi una percezione completamente distorta della criminalità, che spinge le persone alla paura e all’intolleranza, tanto da chiedere la pena di morte.
Non solo: sono in molti a pensare che la pena di morte possa essere un deterrente – quindi utile a scoraggiare chi voglia commettere crimini. Ma numerosi studi dimostrano che questo non è vero – solo per citarne uno, il report di Abdorrahman Boroumand, centro che si occupa di diritti umani in Iran.
Lo studio dimostra che negli Stati che hanno abolito la pena di morte non c’è stato alcun aumento di crimini violenti.
Quindi forse, in realtà, più che il ritorno del patibolo e del boia, servirebbe un’informazione adeguata, con dati interpretati e contestualizzati nel modo corretto – oltre che la corretta applicazione della funzione riabilitativa della pena, prevista dalla nostra Costituzione. Carceri e pene, insomma, con la funzione di rieducare e reinserire nella società, piuttosto che minacciare o uccidere.
La pena di morte è una pratica irrevocabile e disumana che non solo viola il diritto alla vita, ma può anche essere inflitta ad innocenti a causa di errori giudiziari. Pensate che negli Stati Uniti esiste il collettivo Innocence Project: grazie al suo lavoro contro dal 1992 al 2020 sono state liberate 367 persone dopo aver spinto a esaminare prove e test del DNA. Di queste, 21 erano già nel braccio della morte e sarebbero state giustiziate nonostante fossero innocenti.
Secondo Amnesty, ad oggi, le persone che si trovano nel braccio della morte sono 28.282 – cifra che, in realtà, sarebbe più alta se si venissero a sapere i dati di Paesi come la Cina, che condanna migliaia di detenuti l’anno senza fornire dati ufficiali.
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