Reportage dai villaggi del nord Africa affacciati sul Mediterraneo dove si parte con i barchini per Lampedusa tra banditi del deserto, trafficanti disposti a tutto e migliaia di esseri umani affamati
Jebeniana (Tunisia) – Il piccolo Brian non ha mai frequentato un giorno di scuola: sta per compiere nove anni ed è in viaggio da quando ne aveva cinque. Ma almeno, aiutato da un’anziana che fa l’ostetrica come la curatrice d’ogni male, è nato nel suo villaggio d’origine, in Sierra Leone, a differenza del figlio di Makala, sei mesi di vita, ugualmente della Sierra Leone, venuto al mondo in un’oasi del deserto libico. Soltanto in compagnia della sua stessa mamma. Nascosta dietro le palme, nel terrore di incursioni dei predoni. Siamo a Jebeniana, 7mila abitanti senza contare i migranti del centro Africa che affollano questo paese come gli altri della zona di Sfax – Mahdia, Chebba –, in Tunisia, a tre ore di macchina dalla capitale, verso sud. Ovvero la principale area dei barconi in direzione di Lampedusa. Specie adesso, nel cosiddetto periodo della raccolta, intesa come ultima raccolta dei partenti e dei loro soldi. Il tempo è buono (35 gradi), il mare pacifico. Tra poco le condizioni meteo cambieranno, e di conseguenza quelle del Mediterraneo. Dunque, chi ha denaro si affretti. E approfitti dei saldi di fine stagione degli scafisti: 3.300 dinari tunisini, equivalenti a mille euro, per raggiungere l’Italia, l’Europa. I mesi addietro erano il doppio, il triplo, e anche più.
Sognando Milano
Brian non mangia da due giorni: l’elemosina che ha raccolto insieme al papà all’esterno della farmacia, un bicchiere di plastica per farci cadere le monete, ancora non basta per ottenere i 12 dinari (3 euro e mezzo) necessari ad acquistare un piatto di cous cous da dividere in un piccolo magazzino al piano terra. Sedie e tavoli di plastica, la televisione che trasmette Al Jazeera, la scritta «ristorante» tracciata col gesso bianco sul muro. Ma alla fine è un luogo conveniente, ospitale, il titolare non fa storie e abbonda nelle porzioni. I giorni d’attesa di cibo da parte di Makala, 26 anni, sono ancora di più: quattro, confessa lei, sottovoce, mentre i suoi anni di viaggio sono già cinque contando i tre in Libia, prima dello sconfinamento in Tunisia, fra prigioni, lager, rastrellamenti, pestaggi sistematici. Nemmeno la stessa Makala è capace di quantificare i chilometri che ha percorso dalla Sierra Leone, ma concorda sul fatto che non siano stati meno di 8mila, «in maggioranza a piedi». Con lei c’era il marito. Il piano prevedeva due partenze: dapprima quella del medesimo compagno, con arrivo a Milano, alla ricerca di un lavoro e di connazionali generosi, quindi l’invio dei soldi a Makala e la partenza sua e della piccolina. Il marito è morto in un naufragio. Nella grave crisi sociale ed economica che devasta la Tunisia, colpita dalla siccità che ha bloccato l’agricoltura… ( Andrea Galli, inviato in Tunisia / Corriere Tv ). Guarda il video su Corriere: https://video.corriere.it/esteri/sole-mare-calmo-barche-libere-offerte-saldo-scafisti-tunisia-con-mille-euro-siete-europa/7a175f34-729b-11ee-a352-bdb9090063b6
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