Quando tornerò a casa mia all’Aquila saprò che c’è un angelo che mi guarda dal cielo e di notte sarai una stella luminosa. Ciao Giulia, anche se non mi hai conosciuto. Ti voglio bene “. E’ il toccante contenuto di una lettera appoggiata da un vigile del fuoco sulla bara di una delle due bambine morte ad Arquata.
Il vescovo di Ascoli Piceno Monsignor Giovanni D’Ercole ha detto nella sua omelia: “Questo è il saluto che la nostra comunità dà alle 35 vittime qui presenti ma anche alle altre. Il nostro pensiero va anche ad Accumoli e Amatrice, perché siamo un’unica e sola grande famiglia”. E ancora, in un altro passaggio: “E adesso, Signore, che si fa?‘ Quante volte, nel silenzio agitato delle mie notti di veglia e d’attesa, ho diretto a Dio la stessa domanda che mi sono sentito ripetere da voi in questi giorni. A nome mio, nel nome di questa nostra gente tradita dal ballo distruttore della terra: ‘e adesso che si fa?’ mi sono rivolto a Dio Padre, suscitato dall’angoscia, dall’avvilimento di esseri umani derubati dell’ultima loro speranza”.
Poi, rivolgendosi ai parenti delle vittime: “Non abbiate paura di gridare la vostra sofferenza, ma non perdete coraggio. Insieme ricostruiremo le nostre case e chiese; insieme soprattutto ridaremo vita alle nostre comunità, a partire proprio dalle nostre tradizioni e dalle macerie della morte”.
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