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SCENE – Anatomia di un crimine (Puntata 5) | Il caso dei neonati sepolti a Traversetolo

“Ho provato a scuoterlo, non respirava e l’ho messo nel giardino.” Questa è una delle frasi agghiaccianti pronunciate da Chiara Petrolini, ventidue anni, con riferimento alla morte del primo dei figli sepolti nel giardino della casa familiare a Traversetolo, in provincia di Parma. Una frase che portato ad indagare la giovane per omicidio volontario pluriaggravato e soppressione di cadavere.

Nell’ultimo ventennio, da Anna Maria Franzoni in poi, ci siamo dovuti confrontare con una drammatica consapevolezza: una madre può uccidere i propri figli. Può farlo senza essere qualificata come folle e senza dover scomodare una qualche patologia psichiatrica. Difatti,in questo caso, come in molti altri di infanticidio e figlicidio, non si può parlare di un raptus. Un termine spesso abusato, ma che in psichiatria nemmeno esiste. Una costruzione della narrazione, un tentativo di spiegare l’inspiegabile: una madre può togliere la vita ad un bambino dopo avergliela donata. Questo è quel che sembra essere successo anche in provincia di Parma.

Chiara Petrolini ha scavato le buche prima di partorire, ha cercato su internet come nascondere un corpo, come coprire la gravidanza. Lo ha fatto per ben due volte e a distanza di un anno. In criminologia, si parla di cold blooded strategy. Una strategia fredda e calcolata. In termini giuridici, premeditazione. Che, poi, è l’accusa che le viene contestata in ordine a ciò che ha fatto. Nessuna esitazione, nessun ripensamento. Neppure per un istante.

Chiara ha vissuto due vite parallele: una pubblica, fatta di università, amici, incontri in parrocchia, di viaggi all’estero. E una segreta, oscura, in cui preparava un destino spietato per i suoi figli. Non ha mai pensato o cercato soluzioni alternative, come l’interruzione di gravidanza. Probabilmente, il suo disegno era solo uno: cancellare, eliminare quelle creature prima ancora che potessero esistere agli occhi del mondo. Un sentiment confermato anche dal suo linguaggio del corpo. Nel corso del primo interrogatorio, quando ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, si è presentata con le unghie smaltate di rosso. Quell’apparenza curata contrasta tragicamente con le azioni compiute. Quelle unghie appartengono infatti alle stesse mani con cui ha portato a termine il crimine, con cui ha tagliato i cordoni ombelicali e scavato le fosse per buttarci quei neonati. Che poi erano i suoi stessi figli.

Dal punto di vista della psicologia del colore, il rosso evoca emozioni intense. Che lei, però, sembra non aver mai provato per i suoi bambini.

Secondo recente letteratura scientifica americana, l’istinto materno non esiste. Al massimo, si può parlare di un sentimento materno. Nessuna predisposizione innata all’amore per i propri figli, ma solo un sentimento che – come tale- può anche non nascere. Chiara Petrolini è una madre sanguinaria ed il Tribunale del Riesame ha deciso che deve andare in carcere.

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