L’intervista a una testimone dell’eccidio, avvenuto il 12 agosto 1944: «I nazisti uccisero mia madre. Fui costretta a passare sul suo corpo per mettermi in salvo»
Per arrivare al piccolo paese di Sant’Anna di Stazzema (Lucca) — costituito da diverse borgate di case sparse — si sale, lasciandosi la costa Versiliese alle spalle, per una strada ripida, con molte curve, che porta a circa 600 metri di altezza, sulle prime propaggini delle Alpi Apuane. Ma c’è un altro modo per salire al paese, attraverso un sentiero che passa nei boschi e che, quel giorno del 12 agosto 1944, si trasformò in un sentiero di morte. Da qui, infatti, arrivarono quattro colonne di soldati nazisti (circa 300, aiutati dai collaborazionisti fascisti che li guidarono al villaggio) del secondo battaglione del 35° reggimento della divisione di Max Simon (che comandava la XVI divisione corazzata «Reichsführer-SS») che portò morte e distruzione nel paese: si contano almeno 560 civili uccisi dai nazisti, la maggior parte donne e bambini.
Oggi sul quel sentiero si trova un’opera d’arte dell’artista Gianni Moretti, «Anna (monumento all’attenzione)», dedicato ad Anna Pardini, la vittima più piccola dell’eccidio di Sant’Anna, che morì a soli 20 giorni per le ferite riportate per le mitragliate dei tedeschi. Con il progetto artistico sono stati piantati a terra migliaia di cardi dorati, ognuno a rappresentare i giorni che avrebbe vissuto Anna Pardini se fosse ancora viva. Un sentiero che oggi diventa «di vita».A Sant’Anna di Stazzema il «Corriere» ha incontrato una delle sorelle di Anna Pardini, Adele (Sant’Anna, Lucca, 1940) — che all’epoca dell’eccidio aveva 4 anni — e Siria (Sant’Anna, Lucca, 1935), la sorella più grande che invece fu testimone indiretta dei fatti, poiché quel giorno si trovava nei campi col padre. Oltre alle due sorelle Pardini, il «Corriere» ha intervistato anche Simone Caponera, responsabile dei servizi museali del Museo storico della Resistenza di Sant’Anna, che ci ha aiutato a ricostruire storicamente quella vicenda.Il contesto storico
«Quello che accadde a Sant’Anna non fu una rappresaglia ma fu parte di un ciclo di operazioni anti partigiane — spiega al "Corriere" Caponera —. Ci fu un periodo della Seconda guerra mondiale in cui furono chiamate appositamente delle compagnie (in Toscana, tra l’Arno, la Linea gotica e la costa tirrenica, fu chiamata la tredicesima divisione SS) per seguire quell’ordine dato da Albert Kesselring, capo delle forze armate dell’occupazione tedesca in Italia, di inasprire la lotta alle bande partigiane. Questo fu fatto attraverso atti terroristici, che colpivano le popolazioni civili per rompere i legami tra i civili e i partigiani e fare allontanare questi ultimi. Sant’Anna è una di quelle stragi che portarono tra l’estate e l’autounno del 1944 a oltre 3600 vittime civili tra… ( Jessica Chia / Corriere Tv ). Guarda il video su Corriere: https://video.corriere.it/cronaca/sant-anna-stazzema-superstite-adele-pardini-tedeschi-ci-spararono-muro-mi-salvo-mia-sorella-cesira/6235624a-2bcd-11ee-be5d-f6dabb22dd0d