Camici bianchi e stetoscopi appoggiati a terra, a simboleggiare le posizioni vacanti nei pronto soccorso di tutta Italia. È la protesta che la Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza ha svolto in piazza Santi Apostoli a Roma per richiamare l’attenzione del governo sulla cronica mancanza di personale. "Ci mancano circa 4mila medici e 10mila infermieri, quindi manca il 30% del personale", ha spiegato il presidente della Simeu Salvatore Manca. Le esperienze di chi ha scelto di scendere in piazza variano moltissimo. Si va dal Direttore del Pronto Soccorso di Civitavecchia, Beniamino Susi, che il 31 gennaio 2020, agli albori della pandemia da Covid-19, salì a bordo di una nave crociera bloccata al porto per effettuare i tamponi ad alcuni passeggeri potenzialmente contagiati, all’ex primario di Colleferro che ha deciso di dimettersi per dare un segnale. "Mi erano rimasti a disposizione tre medici esperti e un gruppetto di neolaureati. Era diventata una situazione pericolosa per tutti", ha detto il dottor Paolo Daniele. Ma a rendere l’orizzonte cupo è anche il progressivo abbandono di questa particolare specializzazione da parte dei giovani medici. "Per anni mi sono domandata perché i miei coetanei abbandonassero l’emergenza-urgenza – ha raccontato la neospecializzata all’ospedale Careggi di Firenze Maria Luisa Ralli – ma quando ci sono entrata ho capito il perché: turni di lavoro duri e difficili, emergenze che subentrano, risposte da dare ai parenti in pochissimo tempo. Tutto questo ti porta a dover sacrificare la tua vita personale e molti non lo accettano". .di Francesco Giovannetti