Il Fertility Day, la campagna di sensibilizzazione lanciata dal Ministero della Salute guidato dal ministro Beatrice Lorenzin, che punta a spingere le donne a prendere coscienza del proprio ruolo in società e spiegare loro che devono fare figli in giovane età, perché il Paese sta soffrendo da anni il calo demografico provocato dall’invecchiamento della popolazione che non viene adeguatamente mitigato da un aumento delle nascite.
Insomma, sui concetti poche ciance: sono veritieri. Il problema è che vengono espressi in maniera che definire poco consona è un eufemismo.
Un’intera campagna improntata sulla colpevolizzazione della donna che non fa figli, che cerca di mettere pressione e stabilisce una sorta di confine tra le brave mamme che figliano da giovani e quelle “ribelli” che non seguono la propria naturale inclinazione o che decidono di fare dei bambini troppo tardi, ovvero oltre i 35 anni d’età. Se è vero che la fertilità non è eterna, è anche vero che chi ha propagandato questo messaggio – una campagna, ci terrei a precisare e ricordare, pagata con i soldi pubblici versati da tutti i contribuenti – è diventata mamma alla veneranda età di 43 anni. Insomma, sicuramente avrà avuto altri problemi per ritardare così la gravidanza, ma proprio perché sa cosa significhi, come le è saltato in mente di avallare una campagna così retrograda e svilente per la donna, arrivando praticamente a sostenere che il ruolo della donna in società è quello di procreare, che la donna è insomma un utero, una incubatrice vivente e quello dev’essere il suo primario scopo?
Ma il ministro Beatrice Lorenzin non è certo nuova a questo tipo di gaffe, dal giorno del suo insediamento al dicastero della Salute, ha collezionate un bel po’ di figuracce, probabilmente anche complice il fatto che il ministro non sia affatto specializzata in materia: non è un medico, non è uno scienziato, non è una figura tecnica dell’ambiente sanitario, ergo difficilmente può avere le conoscenze teoriche e pratiche di una materia tanto complessa come quella della salute pubblica. Inizialmente le si è dato il beneficio del dubbio, d’altronde ci sono molte persone che non sono laureate o specializzate in un campo, ma nel corso del tempo hanno acquisito delle competenze in altra maniera. Solo che no, Lorenzin quelle competenze non le ha acquisite affatto e cerca di piegare la legislazione in materia di sanità pubblica alla sua personale visione della società, viziata dal suo personale background culturale e religioso.
Il giorno successivo all’inizio della discussione sulla legalizzazione della Cannabis, per esempio, Lorenzin ha rilasciato un’intervista sostenendo che “la cannabis è droga e fa male. Siamo pieni di studi scientifici che dopo anni di consumo di massa ne sanciscono la pericolosità per la salute”. Quali studi scientifici, visto che ce ne sono svariati che sostengono esattamente il contrario di quanto dichiarato dalla ministra, studi certificati e peer reviewed, come si suol dire. Ma non finiscono qui le gaffe della Lorenzin, assolutamente. Capitolo “Terra dei fuochi”, giugno 2013, il ministro è in visita a Napoli e dichiara: “C’è un comitato al ministero per lo studio delle aree con maggiore criticità, ma bisogna non lasciarsi suggestionare e attenersi all’evidenza scientifica che viene da questi studi. Ci sono altre questioni sanitarie in queste zone che dipendono anche dagli stili di vita dei campani”. Insomma, questi studi potranno anche esserci, ma anche qui Lorenzin dice una frasetta ad effetto, non approfondisce la questione – una questione che attiene ad un problema decennale di sversamento di rifiuti tossici nell’area Napoli Nord e Caserta – e la butta sulla colpevolizzazione dei campani.
Altra gaffe, questa volta sugli antibiotici. Una gaffe che se venisse fatta dal cosiddetto “uomo della strada” nessuno ci farebbe caso, ma una frase del genere uscita dalla bocca del ministro della Sanità, insomma, lascia piuttosto atterriti: ““La resistenza agli antibiotici è un tema al centro del governo da tre anni, che ho portato anche durante il semestre della presidenza in Europa […] Una vera e propria emergenza mondiale. Si tratta della resistenza non a un virus ma a molti ed è quindi multifattoriale […]”. Come, prego? Virus resistenti agli antibiotici? Virus? Casomai ai batteri, casomai. Insomma, non proprio una differenza da poco e non proprio una gaffe da poco per una persona che guida il ministero della Salute e decide di tagli finanziari da applicare, regolamenta quali esami possono rientrare nella copertura del sistema sanitario nazionale e quali no e via dicendo.
Alle polemiche contro il Fertility day il ministro Lorenzin ha risposto: “Perché si possono fare campagne sul diabete o sul cancro, e sulla fertilità no?”, insomma quasi a far intendere che la sommossa mediatica contro il Fertility Day sia stata causata dall’argomento, non dalla modalità in cui è stato trattato. E poi, ancora: “È un anno che lavoriamo a questa iniziativa e c’è stata grande condivisione. Ormai le polemiche montano con un tweet: invito invece a entrare nel merito di un problema sanitario molto sentito”. Un anno di lavoro buttato, se mi si consente, visto che raramente si è vista una campagna tanto brutta e tanto avversata dal target a cui avrebbe dovuto rivolgersi.
Insomma, alla luce delle molte gaffe della Lorenzin in questi anni, di cui io ho dato conto solo di una piccolissima parte, quelle più “divertenti” – se così possiamo definirle – e alla luce del fatto che Lorenzin promuove delle campagne di sensibilizzazione fortemente ideologizzate e viziate dal suo personale sentire – quella della fertilità è solo l’ultimo, lampante chiaro esempio – non è forse il caso di porsi una domanda e chiedersi se la Lorenzin sia davvero una figura adatta al ruolo che ricopre?
E se così fosse, allora qual è esattamente la posizione dell’Esecutivo Renzi, ma soprattutto del Partito Democratico, riguardo a certe tematiche che più che attinenti a campagne di sensibilizzazione sembrano invece essere delle scopiazzature della “giornata della madre e del fanciullo” di mussoliniana memoria?
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