Roma (askanews) – Quanto è considerata e presente all’estero l’arte contemporanea italiana? Chi sono i rappresentati principali e quali sono le potenzialità dell’intero sistema? A questo e a molte altre domande risponde il primo rapporto "Quanto è (ri)conosciuta l’arte italiana all’estero", realizzato in collaborazione con ARTE Generali e presentato a Palazzo Bonaparte a Roma. All’incontro erano presenti esperti del settore che hanno illustrato il report e fatto il punto sul valore e le necessità dell’arte contemporanea italiana, insieme a Marco Sesana, Country Manager e Ceo di Generali Italia e Global Business Lines, e al Ministro della Cultura Dario Franceschini, che ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra pubblico e privato e la necessità di fare sistema in questo settore.
Per il rapporto, a cura di Barrilà, Broccardi, Marchesoni, Pirrelli, Sanesi e pubblicato da BBS-Lombard, sono stati intervistati 24 curatori italiani e analizzati con l’intelligenza artificiale oltre 230.000 artisti, 30.000 musei e 3.600 città. I dati principali che emergono sono che l’arte italiana è ben visibile all’estero ma sono pochi i nomi su cui si concentra l’attenzione internazionale, soprattutto se si considera la generazione nata dopo il 1960. E questo vale anche dal punto di vista economico se si valutano i risultati d’asta.
Italo Carli, Head of Arte Generali, spiega: "Da questo rapporto emerge che l’arte italiana ha bisogno un po’ di fare sistema, manca un po’ il supporto agli artisti emergenti, che deve essere fatto dai tre elementi che viaggiano insieme, non solo le gallerie, ma anche quello che è il mondo, tutti quelli che noi chiamiamo spazi culturali, tutto quello che promuove anche da un punto di vista di studio, di ricerca, anche a supporto dei nuovi artisti, così come dalla parte museale o comunque che ospita queste cose. Questo è il sistema che deve promuovere un po’ i nostri artisti, gli altri Paesi lo fanno in maniera un po’ più organizzata".
A proposito della necessità di collaborazione tra pubblico e privato Carli ha detto: "Nella mentalità americana chi investe in ricerca? Il privato. Nel nostro mondo europeo siamo abituati a pensare, ed è così, che lo debba fare in qualche modo il pubblico, lo demandiamo al pubblico questo tipo di iniziativa, e quindi diciamo che il pubblico e il privato possono e devono lavorare insieme. E’ il lavorare insieme un po’ quello che ci manca, oggi vediamo che le gallerie rischiano e promuovono i giovani ma poi non hanno il supporto dal resto delle strutture".
L’obiettivo di questo primo report è proprio di stimolare il dialogo, fissare nuovi traguardi e individuare possibilità di integrazione nel sistema internazionale dell’arte. Si tratta di un primo passo verso una maggiore comprensione del comparto e uno strumento per gli attori coinvolti per fare rete.
Marilena Pirrelli, esperta d’arte e coautrice del rapporto spiega: "Man mano che andavamo avanti, prima le gallerie, poi le aste, poi le Biennali, poi siamo arrivati ai musei, ci rendevamo conto che questa mappa non finiva qui. Quindi questa mappa può continuare ad essere costruita perché stiamo parlando di un ecosistema, l’arte contemporanea è composta da diversi lavoratori, che vanno dai curatori, agli artisti, ai trasportatori agli allestitori eccetera eccetera, ed è un sistema che ha bisogno di una struttura, di una cabina di regia. C’è da costruire un ecosistema anche in Italia".