E niente, non c’è nulla da fare. Ogni anno arriva sempre quel momento, un po’ come una ricorrenza, dove si discute su una questione: Bella ciao è l’inno della liberazione dal fascismo? è l’inno dei partigiani? l’inno della sinistra?
Mettiamola così: Bella ciao è l’inno dell’antifascismo e della democrazia.
Questa volta il dibattito nasce a Milano: ma che è successo? Due consigliere della Lega, Silvia Sardone e Vanessa Ragazzoni, vengono a sapere che alla recita di fine anno di una scuola media, gli studenti canteranno Bella ciao.
A quel punto denunciano che “la politica si infiltra tra i banchi di scuola” e attaccano il Comune di Milano chiedendogli “un intervento immediato per fermare questa propaganda”.
…ok ma propaganda di cosa?
Infatti a prescindere dal fatto che nemmeno si sa quando, come e perché sia stata scritta Bella ciao, non si può negare il suo essere simbolo della lotta per la libertà durante il regime fascista e l’occupazione nazista – una lotta per la liberazione, che è diventata anche affermazione di quei valori democratici in cui da allora si riconoscono milioni di italiani.
E non è un caso che a fine guerra parteciparono all’Assemblea costituente gli esponenti di più gruppi politici diversi, dai democristiani ai socialisti, passando per liberali, azionisti e comunisti. Tutti si misero a tavolino per scrivere la nostra Costituzione – perché, appunto, per quanto potessero essere diverse le loro politiche, condividevano tutte gli stessi ideali di dignità, rispetto e libertà delle persone – E così che nasce la carta costituzionale: dai quegli stessi principi che avevano mosso la lotta partigiana, di cui Bella Ciao è negli anni diventata simbolo e inno. Una semplice canzone che racchiude concetti come libertà, uguaglianza, amore per la patria e per il prossimo.
Insomma, Bella ciao è una canzone con un orientamento politico? Sì, ma un orientamento antifascista. Quindi forse, piuttosto che denunciare che “la politica si infiltra tra i banchi di scuola”, bisognerebbe dire che è l’antifascismo ad infiltrarsi tra i banchi di scuola.
E per fortuna.
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