Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.
Questi versi li ha scritti l’attivista peruviana Cristina Torre Cáceres, dedicandoli a tutte le vittime di femminicidio in America Latina.
In questi giorni li avrete letti sicuramente sui social. In moltissime l’hanno condivisa in segno di rabbia e solidarietà per il femminicidio di Giulia Cecchettin.
Sabato 11 novembre Cecchettin è uscita con il suo ex ragazzo, Filippo Turetta, e non è mai tornata a casa. Pochi giorni dopo avrebbe dovuto discutere la sua tesi di laurea in ingegneria. La sorella, Elena Cecchettin, ha raccontato che Turetta non accettava che Giulia si sarebbe laureata prima di lui – spiegando in più occasioni come fosse “ossessivo”, al punto che “Giulia aveva detto di avere paura”.
Turetta è stato trovato latitante in Germania. Il cadavere di lei, invece, è stato rinvenuto nei pressi del Lago Bàrcis, spegnendo le speranze di tutte e tutti: quelle di un finale diverso. Ma, anche stavolta, quello che era successo lo sapevamo tutte: la sensazione di quando scompare una ragazza che viene vista per l’ultima volta con il partner o un ex, è sempre la stessa. Poi speriamo di sbagliarci. Raramente è così.
Giulia Cecchettin è la 105esima vittima di femminicidio del 2023.
In una lettera al Corriere della Sera, Elena scrive: “Filippo Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. I mostri non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro”.
“Cultura dello stupro” è un’espressione che descrive la nostra società patriarcale in cui atteggiamenti sessisti e violenza sulle donne sono diffusi, normalizzati e giustificati. La colpa delle azioni maschili viene attribuita alla vittima: la donna ha provocato, indossato determinati abiti, non si è accorta dei segnali, non ha denunciato.
Per capire cos’è la cultura dello stupro immaginiamoci una piramide. Alla base ci sono le battute sessiste, il catcalling, le forme di controllo. Salendo troviamo i palpeggiamenti, revenge porn, intimidazioni – fino ad arrivare alla punta, dove troviamo la violenza fisica, lo stupro e il femminicidio. La giustificazione degli atteggiamenti della base crea una società in cui succede quello che sta sulla cima.
Queste sono le parole di Elena Cecchettin dopo la fiaccolata a Vigonovo in ricordo della sorella:
(sugli uomini che devono fare autoanalisi e parlare tra di loro)
La responsabilità degli uomini sta nel dover riconoscere il privilegio che dà loro la società patriarcale, nel dover parlare tra di loro, educarsi al fatto che la donna non è un oggetto su cui esercitare il proprio potere. Solo con un radicale cambiamento culturale si potrà contrastare il sessismo intrinseco nella nostra società.
Ma la responsabilità ce l’ha anche lo Stato, la società, che deve impartire un’educazione affettiva e sessuale tale da insegnare, fin da bambini, a riconoscere e gestire la propria emotività, per costruire relazioni equilibrate e rispettose con l’altro.
Se tu, che mi stai ascoltando, hai un partner che limita la tua libertà, che vuole ti vuole controllare, che ti isola dagli altri – sappi che questo non è amore. Non devi mai sentirti sbagliata o in colpa perché hai bisogni, ambizioni o desideri. Sei libera. Puoi chiedere aiuto, parlarne con qualcuno di cui ti fidi, allontanarti. Come ha scritto in un post Gino Cecchettin, padre di Giulia, “L’amore vero non umilia, non delude non calpesta, non tradisce e non ferisce il cuore. Non urla, non picchia, non uccide”.
Io, in quanto donna, so che ogni volta che esco di casa la sera dovrò stare attenta. E questo non è giusto. So che non devo andare all’ultimo appuntamento, so che devo mantenere alto il mio stato di allerta. So che continuerò a mandare la posizione geografica alle mie amiche, so che avrò sempre un pensiero su come mi vesto e su con chi incontro. Anche se non dovrei.
So che, se dovesse mai succedermi qualcosa, c’è chi troverà un modo per dare la colpa a me. E so anche che queste paure mi accomunano a tutte le altre ragazze e donne di questa società. E questo non è giusto. E questo deve finire.
Se avete voglia di condividere le vostre testimonianze, questo spazio è aperto a voi. Scriveteci a segnalazioni@fanpage.it
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