Roma, 3 mag. (askanews) – Issa dice spesso "makou", che in dialetto iracheno significa "niente": niente elettricità, niente casa. Otto anni dopo i violenti combattimenti tra lo Stato islamico e l’esercito iracheno, la ricostruzione del suo villaggio nel nord dell’Iraq – Habash (nel distretto di Amerli) – è a un punto morto.
Il sindaco di Amerli, nel cui distretto si trova Habash, Adel Shakour, spiega: "Delle organizzazioni esistono e lavorano, danno lavoro a giovani disoccupati, ma non è al livello richiesto perché la regione ha subito delle catastrofi e delle ingiustizie e questo ha bisogno dell’attenzione di tutti", ha spiegato in un’intervista a France Presse.
Le case danneggiate ad Habash si contano a decine. Il villaggio, a 180 chilometri a nord di Baghdad, ha pagato un caro prezzo per l’assedio imposto dallo Stato islamico nella città di Amerli, a meno di 10 chilometri di distanza.
"Un esponente del Parlamento è arrivato qui e gli abbiamo parlato – racconta Abdelkarim Nouri, residente ad Habash – ci ha detto che avrebbero ricostruito il villaggio, ma non è successo niente. I bambini vanno a scuola lontano a piedi e abbiamo paura per loro, poco tempo fa un’auto ha investito un bambino".
"L’acqua ci arriva ogni tre o quattro giorni, la casa è molto danneggiata e fa freddo", aggiunge un’altra residente, Um Warda.
"Non c’è elettricità, nessun servizio, non hanno fatto niente in queste zone", conferma Issa al-Zamzoum, che vive ad Habash con la moglie e cinque figli in un edificio di cemento, che ancora oggi ha una parte del tetto sfondata in seguito ai combattimenti del 2014.
Allora gli jihadisti, che controllavano la città strategica del nord Mosul e le aree circostanti, si spostarono più a sud per attaccare Amerli, utilizzando posti come Habash come avamposto per l’assalto. L’esercito iracheno, le milizie sciite e i Peshmerga curdi contrattaccarono con violenti combattimenti e ruppero l’assedio respingendo lo Stato islamico.
(IMMAGINI FRANCE PRESSE)