Roma, 11 ott. (askanews) – Simone Godano nel suo nuovo film, "Marilyn ha gli occhi neri", fa incontrare una bugiarda patologica, dotata di un’energia e una carica vitale speciali, con un cinquantenne che soffre di varie psicosi e ha dei violenti attacchi di ira.
I due personaggi, interpretati da Stefano Accorsi e Miriam Leone, frequentano un centro diurno per persone con disturbi di personalità, e insieme ai loro compagni mettono in piedi un’impresa quasi impossibile. Il regista, che per realizzare il film è andato in alcuni di questi centri e osservato chi li frequenta, spiega: "Sono dei bambini che esasperano e hanno delle reazioni talmente forti, nel bene, nel male, anche nell’accogliere me: io quando andavo a parlare, vedevo le persone emozionate, con gli occhi lucidi. Ci è sembrato un mondo sia interessante da raccontare sia una sfida, cioè cercare di raccontarlo con tatto, con garbo, con la giusta ironia, che non era ridere di loro ma ridere insieme a loro".
I due interpreti di "Marilyn ha gli occhi neri", nelle sale dal 14 ottobre, raccontano:
"E’ stato interessante rivedersi nei personaggi, cioè c’erano più cose di me di quanto non potessi immaginare, però è faticoso vivere la vita in quel modo, cioè, era molto presente come sensazione, e ci si rende conto che se la vita può essere difficile a tratti, per certe persone può esserlo molto di più, perché non possono nascondere nulla".
"Sono dei personaggi divertenti se vuoi ma disperati anche, quindi c’è sempre questo equilibrio sottile fra la follia e la disperazione, però anche il lasciarsi andare, l’assenza di filtri e di costrizioni sociali", ha spiegato Leone.
Il film, tra toni di commedia e racconto realistico, è anche un invito allo spettatore ad osservare la sofferenza e la malattia, senza girare lo sguardo: "La sofferenza fa paura, per empatizzare con la sofferenza senza caderci dentro, ci vuole una grande struttura. Bisogna stare veramente bene con se stessi per riuscire ad aiutare chi ne ha bisogno, quindi non cadere dentro un buco nero. Quindi strutturarsi è sempre importante. Nel caso del film però questo gruppo di diversi, reietti dalla società, comunque stigmatizzati e giudicati dalla società, in realtà fa squadra. E quindi facendo squadra riesce a superare lo stigma sociale e riesce a fare qualcosa di straordinario".