Il mandato di arresto della corte penale internazionale contro Benjamin Netanyahu, l’ex ministro della difesa israeliano Yoav Gallant e uno dei leader di Hamas, Mohammed Deif, tra gli ideatori degli attacchi del 7 ottobre, sta mettendo i governi internazionali davanti ad una evidenza di diritto rilevante. Molte sono state le posizioni politiche che o hanno delegittimato la corte, uno dei principali organi di giustizia internazionale fondato con lo Statuto di Roma del 1998 e che riunisce 124 Stati, come il presidente ungherese Orban o il Ministro italiano Matteo Salvini, oppure che hanno criticato l’aver messo sullo stesso piano i politici israeliani con uno dei leader di Hamas, come il Ministro degli esteri italiano Antonio Tajani. Un dibattito, quello sul mandato di arresto della corte penale internazionale, che viene portato avanti dagli esponenti politici di destra in Europa esulando dal merito giuridico dei fatti, riproponendo posizioni di incondizionato appoggio al governo israeliano nonostante più di un anno di massacro a Gaza che ha colpito la popolazione civile palestinese. Per capirne di più abbiamo intervistato il giurista Luigi Daniele, dell’Università di Nottingham, giurista che si sta occupando da vicino della situazione palestinese e soprattutto dei metodi di conduzione delle ostilità da parte delle forze armate israeliane.
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