Roma, 11 gen. (askanews) – Sono passati 25 anni dall’11 gennaio 1996, quando il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito di mafia Santino, fu ucciso e sciolto nell’acido in un casolare nelle campagne di San Giuseppe Jato in provincia di Palermo.
I suoi carcerieri erano Giuseppe Monticciolo, Enzo Brusca e Vincenzo Chiodo, mandati dal boss di Cosa Nostra Giovanni Brusca. Un delitto atroce arrivato dopo 779 giorni di prigionia per il piccolo Di Matteo, allora dodicenne, rapito da un maneggio di Piana degli Albanesi, il 23 novembre 1993, su ordine dei capimafia tra cui Matteo Messina Denaro. Volevano convincere il padre a smettere di rivelare i retroscena della strage di Capaci.
Durante la prigionia il 12enne venne portato in diversi paesi del palermitano, del trapanese e dell’agrigentino. Un delitto che ha portato a decine di condanne per i mafiosi che hanno partecipato al rapimento e all’omicidio del bambino.
Angelina De Luca, sindaca di Altofonte. "Io ho 44 anni, Giuseppe ne avrebbe fatti 40, non vi nego che essendo nata e vissuta qui quando è accaduto il fatto anni fa il pensiero di tutti e anche il mio è stato pensare che da grande sarebbe diventato come il padre, quella è la famiglia. L’anno scorso per la prima volta sono stata invitata dal sindaco di San Giuseppe nel luogo in cui è stato tenuto prigioniero e ucciso ed è solo entrando in quel luogo che ho capito la brutalità della mafia. Pensare che hanno tenuto lì un bambino di 12 anni è stato un atto di brutalità immane e solo andando lì si può capire davvero la violenza della mafia".
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