Rossana e Mario condividono lo stesso destino, anche se in due città diverse. Hanno vissuto la maggior parte della loro vita chiusi tra le quattro mura di un manicomio, lei a Roma, lui a Cuneo. I manicomi non avevano lo scopo di curare il paziente ma di tenerlo rinchiuso e sotto controllo con ogni mezzo, dalla camicia di forza fino all’elettroshock. Rossana ha varcato per la prima volta le porte del Santa Maria della Pietà quando aveva solo 22 anni perché litigava con il marito. Mario ha trascorso oltre trenta anni nel manicomio di Racconigi dopo che la madre lo aveva abbandonato quando era ancora in fasce. Nel dopoguerra i bambini rimasti soli erano tantissimi, gli orfanotrofi non avevamo abbastanza posti per tutti. Bastava essere un po’ taciturno, avere qualche difficoltà nel mostrare le proprie emozioni per essere considerato idoneo per il manicomio. E senza mamma e papà lì fuori, le possibilità un giorno di uscire erano pressoché inesistenti. Entrambi non hanno potuto vivere una vita normale fino alla lenta dismissione dei manicomi, avvenuta dopo l’approvazione della Legge Basaglia che ne disponeva la chiusura.
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