Sulla sua tomba si legge: "Soccorritore indimenticabile di 1200 ebrei perseguitati".
Oskar Schindler all’inizio era un industriale tedesco senza scrupoli, che amava le donne e il denaro. Nel 1936 cominciò a collaborare con i servizi segreti, e in seguito si iscrisse al partito nazista. Quando la Germania invase la Polonia, che fino a quel momento era stata un rifugio per circa 50.000 ebrei, la distruzione che ne seguì fu spietata: uomini, donne e bambini venivano umiliati e torturati a caso, e le aziende di proprietà degli ebrei furono “vendute” a investitori nazisti.
Tra questi c’era anche Schindler, che riuscì a mettere le mani su una fabbrica di utensili da cucina. L’imprenditore pensò bene di licenziare la manodopera polacca per assumere operai ebrei a basso costo, permettendo loro di trascorrere la notte nella stabilimento, lontano dalla violenza nazista.
Nel 1942, però, un evento chiave cambiò il suo destino: fu testimone di un’incursione tedesca nel ghetto della città; vedere tante famiglie dilaniate e migliaia di persone trascinate con la forza verso i campi di concentramento, risvegliò la coscienza di Schindler che decise di rischiare gli affari e la sua vita per contrastare quell’orrore. Nella sua azienda creò un settore fittizio per la produzione di armi e convinse i nazisti a concedergli sempre più prigionieri, con la scusa che fossero essenziali allo sforzo bellico. Nonostante i suoi tentativi di proteggerli, a fine giornata molti di loro tornavano nei lager, dove il pericolo di subire maltrattamenti o essere uccisi era dietro l’angolo. Così l’industriale pensò a un altro stratagemma: ottenne il permesso di aprire una succursale nell’attuale Repubblica Ceca, stilando la famosa “lista di Schindler”, un elenco di circa 1.200 lavoratori fondamentali per la sua nuova fabbrica.
Una volta avviata, in realtà, l’industria produsse soltanto proiettili difettosi per le armi tedesche, ma tra le mura di quel luogo tanti innocenti furono salvati da morte certa.
Oskar Schindler morì il 9 ottobre 1974, dopo aver lottato a lungo contro la povertà, tuttavia non patì mai la fame, grazie all’ospitalità e al sostegno economico degli ebrei che aveva salvato. Nel 1967 lo Yad Vashem, ente israeliano per la Memoria della Shoah, lo ha riconosciuto “Giusto tra le nazioni” e la sua storia oggi è una lezione per ognuno di noi: la prova che anche nelle peggiori circostanze, chiunque può agire con coraggio e fare la differenza.
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