Più passano gli anni, e più è probabile che tuffandoti in mare troverai banchi di bottigliette di plastica – e non di pesci. Non lo dico io, ma il segretario generale dell’Onu. E non so voi ma a me sembra un motivo più che valido per fare un po’ il punto sull’inquinamento della plastica.
Leggiamo qualche dato.
Secondo il rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, ogni anno produciamo oltre 400 milioni di tonnellate di plastica.
Molti di voi penseranno “Va be’, ma c’è il riciclaggio”. Snì.
Di quelle 400 milioni di tonnellate, solo il 12% è stato incenerito e il 9% riciclato. Che in parole povere significa: più del 90% dei rifiuti plastici non si riciclano.
E dove finiscono gli scarti non riciclati?
Si calcola che ogni anno tra le 19 e le 23 milioni di rifiuti plastici finiscano in oceani, mari, fiumi e laghi. Così tanti da aver creato delle immense isole di plastica – come la famosa Pacific Trash Vortex, estesa per, si stima, centinaia di migliaia o milioni di chilometri quadrati.
Uno studio del WWF ha visto che solo nel Mediterraneo ogni singolo minuto finisce l’equivalente in plastica di 34k bottigliette d’acqua.
La vittime dell’inquinamento marino è, in primis, la fauna: tartarughe marine, delfini, balene e capodogli, pesci – e gli uccelli marini, per i quali è stata scoperta la plasticosi, una nuova malattia causata dall’ingerimento di plastica.
E non dimentichiamoci dell’attrezzatura dei pescatori. Secondo una recente ricerca australiana le lenze e reti da pesca perse o abbandonate ogni anno sono così tante da poter avvolgere la terra per ben 18 volte.
Insomma totale si stima che siano oltre 100 mila gli animali a morire ogni anno a causa della plastica.
Senza azioni significative, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente stima che i rifiuti plastici negli ecosistemi acquatici potrebbero quasi triplicare, passando da circa 11 milioni di tonnellate nel 2016 a circa 29 milioni di tonnellate nel 2040.
Insomma, si è discusso tanto sul colore della pelle della sirenetta Ariel – ma forse bisognava porre l’attenzione sul fatto che nel nuovo film della Disney non viene rappresentata la cosa più realistica: la plastica in fondo al mar.
Ma non parliamo solo di bottigliette, tappi, reti, e tutti quegli oggetti di plastica maneggiabili. Ma anche di frammenti. Microplastiche e nanoplastiche sono ovunque. Dagli abissi oceanici alle cime più elevate. Ma sono anche nel cibo che mangiamo e nell’acqua che beviamo e… dentro di noi. Uno studio ha dimostrato che le microplastiche sono presenti nel sangue di due persone su tre. E nel 2020 sono state trovate per la prima volta in organi e tessuti umani – e nella placenta di donne incinte.
Ancora non sono chiari gli effetti specifici delle micro-nano plastiche nel nostro organismo, ma le ultime ricerche non sono positive a riguardo. (Chi l’avrebbe mai detto, eh?)
Quindi a subire le conseguenze della plastica sono sì l’ambiente e gli animali, anche l’uomo – nonché suo unico produttore e fedele consumatore.
Quelli che vi ho detto fin’ora sono numeri scioccanti e assolutamente drammatici, che evidenziano per l’ennesima volta quanto sia devastante l’impatto ambientale delle azioni umane. Agire ora contro l’inquinamento da plastica è un dovere di ciascuno di noi, dato che tutti abbiamo contribuito e contribuiamo giorno per giorno a questa catastrofe.