Roma, 29 set. (askanews) – Una filiera che rappresenta più del 4 per cento del fatturato del comparto agroalimentare italiano, per un valore di oltre 6 miliardi di euro, e che vede coinvolti oltre 230mila addetti in 135 mila aziende attive in tutte le regioni del nostro Paese. Questa la fotografia del settore del bovino italiano scattata al simposio internazionale "Cow is Veg – Il ruolo dei ruminanti in una dieta sostenibile", organizzato da Assocarni in collaborazione con Coldiretti.
"Il senso dell’incontro di oggi, grazie a diversi scienziati venuti da diverse parti del mondo – ha detto ad askanews Luigi Scordamaglia, presidente di Assocarni – è quello di fare chiarezza e spiegare l’importanza del valore nutrizionale e di equilibrio delle carni bovine, di spiegare quanto positivo sia l’apporto all’ambiente ed alla tutela del territorio e quanto il bovino faccia parte anche della storia dell’uomo, per bloccare questa campagna di disinformazione strumentale con dati
scientifici ed oggettivi".
Quello di cui si parla è un settore strategico che, però, si denuncia, oggi sembra soffrire sotto il fuoco incrociato di campagne di disinformazione e politiche europee miopi.
"Oggi in Italia consumiamo ognuno 8,5 chili di carne bovina all’anno. Vuol dire meno di 25 grammi al giorni ed è un quantitativo assolutamente coerente ed in linea con quelle che sono le linee guida nutrizionali internazionali. A dimostrazione che abbiamo una alimentazione assolutamente equilibrata di cui la carne bovina è sempre stata ed è ancora una parte importante. La produzione italiana ha un modello distintivo, sostenibile, e se consideriamo che il bovino consuma alimenti che l’uomo non usa, fatti di fibra, è un ruminante, e produce ad altissimo valore nutrizionale, è oggi ad impatto zero. Cioè emette meno Co2 di quanto tutta la sua filiera produttiva riesca poi ad assorbirne".
Secondo diversi osservatori però le politiche che arrivano da Bruxelles, sembrano voler andare verso lo smantellamento della produzione, e dell’allevamento
"La produzione di carne bovina italiana – ha aggiunto Scordamaglia – è orientata ai più alti standard di benessere animale ed ambientale. Anche la recente scelta sulla politica agricola comunitaria fatta dal nostro Paese, premia quegli allevatori che sempre più sono in grado di ridurre il loro impatto ambientale, di alimentare bene l’animale, di tutelarne il
benessere e di ridurre anche l’utilizzo di varie sostanze farmacologiche pur consentite, ben al di sotto dei limiti di legge. Insomma un modello distintivo che potrebbe funzionare come livello di riferimento mondiale".
Anche perché il nostro Paese è fra i più virtuosi al mondo in termini di bilancio delle emissioni degli allevamenti bovini
"Gli allevamenti italiani – ha concluso Giuseppe Pulina, ordinario di Etica e sostenibilità delle produzioni animali all’Università di Sassari – si sono dimostrati un sistema virtuoso. Negli ultimi trent’anni, le emissioni di gas alteranti del clima si sono ridotte di quasi il 15 per cento. Questo è un fatto assolutamente interessante perché la zootecnia è una attività agricola che si svolge in campagna, dove ci sono gli assorbimenti della Co2 da parte delle colture, prati, pascoli, boschi pascolati. Abbiamo fatto i conti e abbiamo ottenuto che la quantità di emissioni di tutto il sistema zootecnico è bilanciata dalla quantità di anidride carbonica che viene assorbita da prati, pascoli e boschi. Perciò possiamo dichiarare che il sistema italiano è Net zero’".
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