La campionessa paralimpica Martina Caironi racconta l’incidente che ha per sempre segnato la sua vita

di Redazione

La campionessa paralimpica Martina Caironi racconta l’incidente che ha per sempre segnato la sua vita

È una storia indissolubile quella che si è venuta a creare tra Martina Caironi e le protesi all’arto amputato.

Già, perché è stata proprio una protesi, insieme alle numerose fotografie di atleti diversamente abili e all’esempio del campione sudafricano Oscar Pistorius, a ridarle la felicità e la voglia di vivere mordendo il mondo.

Tutto è iniziato nel centro Inail di Vigorso di Budrio (BO), dove la non ancora campionessa bergamasca – e nemmeno atleta, riceve le sue prime protesi.

Martina deve nuovamente imparare a camminare, senza però accontentarsi di così poco; al contrario, una volta acquisita più sicurezza e fiducia in se stessa, punta sempre più in alto: correre per vincere. Inizia proprio così la sua avventura sportiva in atletica leggera cui si accompagna, in parallelo, il suo percorso di studio e conoscenza in materia di protesi sportive.

L’argomento è vario e complesso; basti pensare che ne esistono di svariati tipi, modelli e materiali; e che proprio la tecnologia alla base della loro ideazione e creazione è la variabile discriminante che può davvero fare la differenza in gara. Non è un caso che diverse nazioni – Giappone, Islanda e Germania in testa, rifuggano ogni tipo di confronto in materia per evitare di
fornire vantaggi competitivi ai propri avversari.

Altro tasto dolente, è quello relativo al costo delle protesi, già molto elevato per quelle di impiego quotidiano, ma ancora più alto per quelle sportive.
Conscia di entrambi i casi, Martina si è candidata ed è stata eletta nel Consiglio e nella Giunta del CIP – Comitato Paralimpico Italiano. All’interno di quest’organo, tre sono gli obiettivi della giovane bergamasca: fare in modo che tutte le persone bisognose possano ottenere gli ausili necessari per una vita all’insegna di una eccezionale normalità; fare approvare finanziamenti per protesi sia in seguito a infortuni, sia per motivi sportivi – aderendo così alla proposta di legge presentata da Giusy Versace; e sensibilizzare l’opinione pubblica e gli addetti ai lavori sull’importanza della tecnologia per l’ideazione e lo sviluppo di ausili sempre più performanti e adatti alle esigenze delle persone cui sono stati amputati arti.

Il legame particolare che unisce Martina a questo mondo è sfociato in una collaborazione ad hoc con lo IED – Istituto Europeo di Design di Milano.

In vista delle Olimpiadi di Tokyo, è stato infatti chiesto ad alcuni talenti di questa scuola di disegnare le protesi che la campionessa mondiale andrà ad indossare proprio in occasione di questo importante appuntamento sportivo. Un progetto nuovo e innovativo che fa delle protesi non solo un
concentrato di tecnica e tecnologia, ma anche uno strumento di comunicazione per trasmettere il messaggio universale dello sport, dell’impegno e della voglia di mettersi sempre in gioco della campionessa bergamasca. Ricche di colori e con soluzioni decorative molto forti, il progetto di Silvia Borri è stato selezionato per la protesi optical da indossare nella gara dei 100m, mentre quello etno-pop di Maddalena Pavanello è stato
scelto per quella per il salto in lungo.

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