Merano, 18 lug. (askanews) – Una mostra per i 25 anni di attività: l’associazione Kunst Meran – Merano Arte, in occasione del proprio anniversario, ha chiamato otto curatori con i quali aveva già lavorato per provare a creare una esposizione polifonica, in grado di offrire risposte molteplici alla domanda, cruciale e infinita, su cosa può essere l’arte. Partendo, come ha spiegato Ursula Schnitzer, direttrice e ideatrice del progetto, dalla riflessione di un filosofo e teorico dei media che per tre anni ha vissuto nella città altoatesina. "Vilém Flusser – ha spiegato la direttrice alla stampa – nel 1976 scrive una lettera nella quale riflette su bellezza e kitsch e anticipa una teoria che andrà a presentare in una conferenza nella quale affermerà di considerare le opere d’arte come esperimenti per esperienze future. Una frase che oggi sembra proprio un manifesto di Merano Arte, perché qui dentro da 20 anni quello che cerchiamo di fare è presentare arte che sia una lettura del contemporaneo, ma anche del prossimo futuro".
In questo solco si sono mossi i curatori, esplorando ambiti diversi, dall’installazione alla fotografia, dal video alla pittura, dal digitale all’architettura. E l’esito è intenso, corale, in diversi casi anche sostenuto da una significativa tensione sociale e politica, che conferisce alla mostra "ARTE È" una forza ulteriore, proiettata, come diceva Flusser, verso il nostro futuro.
Tra le opere in mostra possiamo segnalare l’installazione luminosa di Zora Kreuzer, invitata da Anne Schloen, che lavora sulla natura architettonica dell’edificio della Kunsthaus meranese, oppure la pittura di Ludovic Nkoth, artista nigeriano-newyorkese che affronta il tema, caro al curatore Luigi Fassi, del Mediterraneo. E poi l’indagine, proposta da Susanne Waiz, sull’ediliza cittadina e su chi, vivendone al di fuori e ai margini, sfugge ai nostri sguardi, ma non a quelli del fotografo Ludwig Thalheimer, che ha scelto di raccontare i senzatetto di Bolzano.
Di ragionare sull’arte e il digitale si occupa invece Davide Quayola, chiamato da Valerio Dehò a scomporre l’opera e a riproporcela grazie a una tecnologia usata con approccio conciliatore. Ma forse a rimanere impressa ancora di più è l’installazione, tra natura e vita digitale, di Roberta Lima, che sembra descrivere la nostra attuale condizione esistenziale. Così come, in modo diverso, lo fanno, al termine della mostra, le storie delle donne africane che hanno attraversato il Mediterraneo e di cui Selene Magnolia ha fotografato il salvataggio.
Negli spazi di Kunst Meran, insomma, si percepisce la sensazione di un presente complesso, a volte tragico, ma anche fonte di opportunità artistiche interessanti, la cui eterogeneità, comunque, si armonizza a mano a mano che ci si addentra nell’esposizione.
(Leonardo Merlini)