Così il sogno del villaggio del bambini senza voce è diventato realtà ad Adwa in Etiopia. Una storia lunga venti anni. E non ancora finita
Francesco Romagnoli lavorava come commercialista nello studio del padre a Roma. Venti anni fa una sera vide alla televisione uno speciale di Enzo Biagi sull’Etiopia e sulla condizione dei bambini che lì vivevano. Era in un periodo particolare della sua vita, «un momento di smarrimento» come dice lui. Decise di andare a vedere di persona qual era la situazione: doveva restarci un mese invece c’è rimasto venti anni ad Adwa, un paesone di 40mila abitanti nella regione del Tigray, nel nord dell’Etiopia. «Ho iniziato asciugando le lacrime con le mani, non potevo fare altro» racconta. Molto presto ha capito che doveva fare di più per quei bambini
invisibili, che non avevano voce né nome. Adottò per prima Melat, bambina abbandonata dalla madre che viveva in strada da sola e le dette come cognome Francesco, il suo nome, secondo la prassi etiope. Poi contro ogni evidenza razionale si mise in testa di dare una voce e una casa a lei e a tutti i bambini senza nome e senza casa come lei. Fondò insieme al padre un’associazione (James non morirà) ed iniziò a condividere con i pochi amici questo sogno. Una «pazzia» come disse suo padre quando lo raggiunse in Etiopia per capire cosa stesse facendo. Francesco si rimboccò le maniche e iniziò dal muro di cinta. Oggi il villaggio dei bambini di Adwa è realtà: una struttura «bellissima», pulita ed efficente dove vivono 102 bambini tolti dalla strada, adottati da Francesco (e per questo tutti di cognome si chiamano così) che negli anni sono stati adottati a distanza ed hanno potuto crescere, studiare, vivere. Essere delle persone. Questa storia incredibile e lunga 20 anni è diventata un libro (Babajé, il richiamo dei bambini invisibili, editore Gremese) che Romagnoli ha scritto con una profondità e una semplicità non comune. «Un libro per tornare a dare voce ai miei bambini» come dice lui che manca da due anni da Adwa. Da quando nel novembre 2020 è scoppiata in Etiopia una nuova sanguinosa guerra civile, la guerra del Tigrè, che nel silenzio del mondo ha fatto 700mila morti oltre a lasciarsi dietro una scia di violenze, orrori e orfani. Una guerra
dimenticata come dimenticati rischiano di tornare ad essere i centodue Francesco di Adwa. «E’ stata siglata la pace con il governo di Addis Abeba poche settimane fa, a inizio novembre. Spero di tornare prima possibile ad Adwa. Il villaggio è stato miracolosamente risparmiato dalla guerra civile. Dobbiamo ricominciare da capo, l’ho fatto venti anni fa, posso rifarlo ora» racconta Francesco. Il suo sguardo e il suo sorriso sono l’unica garanzia che anche questa volta il suo sogno possa davvero realizzarsi di nuovo. ( Iacopo Gori / Corriere Tv ). Guarda il video su Corriere: https://video.corriere.it/cronaca/james-non-morira-storia-centodue-bambini-senza-nome-che-oggi-si-chiamano-francesco/525477fc-8061-11ed-8d72-69c6a5e86cfe
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