La storia di Carla e la testimonianza della pediatra e infettivologa Vania Giacomet: le interviste in occasione della Giornata mondiale contro L’Aids
«Dagli anni Novanta a oggi è cambiata la terapia, ora compattata in un’unica pillola, una volta al giorno. E adesso c’è anche la possibilità di una terapia iniettiva da eseguire ogni due mesi: si sono fatti passi da gigante in questa patologia. La discrepanza invece sta nel come è recepita l’infezione da Hiv. Tanti anni fa andavo nelle scuole e parlare della differenza tra pazienti sieropositivi e pazienti con Aids, parlavo di come ci si infetta e come no; nel 2022 mi ritrovo a ripetere le stesse cose. La stigmatizzazione nei confronti dei pazienti sieropositivi è ancora ben presente nella nostra società». A parlare è la Professoressa Vania Giacomet (Dibic, Dipartimento di Scienze biomediche e cliniche, Università di Milano), pediatra infettivologa all’Ospedale Sacco di Milano. Il «Corriere» l’ha incontrata nel suo studio in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids, il 1° dicembre, per porle alcune domande sull’infezione da Hiv, in particolare in ambito prenatale e pediatrico. Oltre alla Professoressa Giacomet, abbiamo incontrato Carla (il nome è di fantasia), donna nata con infezione da Hiv e oggi madre di un bambino sano (qui l’intervista integrale).I bambini sieropositivi in Italia «Puntualizziamo: l’Hiv non è l’Aids – esordisce Giacomet –: l’Hiv è l’infezione da virus Hiv, l’Aids è la malattia conclamata che porta dei sintomi e dei segni che poi peggiorano in assenza di terapia antiretrovirale. Quando ho iniziato, 35 anni fa, non avevamo le possibilità farmacologiche che ci sono adesso e alcuni bambini morivano; poi la svolta è arrivata tra il 1996-97 quando sono iniziate le nuove terapie. Oggi l’Hiv è un’infezione cronica e i pazienti, se assumono bene la terapia, sono bambini che vivono molto bene, sono mamme che possono partorire dei bambini sani, cosa che non succedeva negli Anni 80-90. Ma questo succede in Italia e nei Paesi ad alto livello economico; la positività in età pediatrica oggi è concentrata nell’Africa sub sahariana e riguarda 1,7-2 milioni di bambini sotto i 14 anni».
Il parto e l’allattamento nelle donne sieropositive «Al Sacco seguiamo un centinaio di bambini», spiega ancora Giacomet. «I bambini piccoli sono pochi e arrivano da altri Paesi dove ancora si nasce con l’Hiv. Però ho una fetta di ex bambini, sempre con Hiv a trasmissione verticale, che sono diventati grandi e sono rimasti legati a questo centro, al quale hanno poi affidato la vita dei loro figli». «Se esistono problematiche legate a una madre positiva all’Hiv? – risponde la pediatra del Sacco – Le donne possono partorire dei bambini sani se seguono un percorso che permetta loro di mantenere una carica virale soppressa durante… ( di Jessica Chia e Greta Dall’Acqua / Corriere Tv ). Guarda il video su Corriere: https://video.corriere.it/cronaca/io-nata-l-hiv-oggi-ho-avuto-bambino-sano-vorrei-che-mio-figlio-non-conoscesse-brutto-vita/ea2d170a-70c1-11ed-9572-e4b947a0ebd2
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