Milano, 22 feb. (askanews) – Identità in bilico tra sé autentici o fittizi, idealizzati o universali. Storie di modi nei quali si può costruire una nuova idea di individualità attraverso ricerche artistiche che vanno oltre gli stereotipi e, come in un saggio di hauntologia, evocano futuri passati e altri fantasmi di noi stessi. Siamo in Osservatorio di Fondazione Prada a Milano e la mostra che si snoda nei toni del blu dell’installazione luminosa dell’agenzia Random Studio si intitola "Role Play". Undici artisti internazionali che usano pratiche diverse, tra fotografia, video, performance.
"Quello che amo di questo gruppo di persone – ha detto ad askanews la curatrice della mostra, Melissa Harris – è che sono così coraggiose: è come se semplicemente si buttassero dentro l’identità o il personaggio che hanno scelto in quel momento. E lo fanno senza paura, come degli esploratori, senza porsi limiti. Nel senso che non mettono in discussione se stessi e questo li rende molto naturali".
Una naturalezza profondamente contemporanea, che contempla, per esempio, le figure dei Cosplayer nel lavoro di Cao Fei, oppure il tentativo di realizzare una performance durante un videogioco online, come accade con le fotografie di Darius Miksys. O ancora il dialogo del tutto oltre-umano tra gli avatar dell’artista sudafricano Bogosi Sekhukhuni e del padre che lo ha abbandonato. "Credo che la tecnologia – ha aggiunto la curatrice – sia una cosa interessante quando diventa un linguaggio e ci apre di modi di vedere, di capire, di fare esperienze ai quali prima non avevamo accesso".
La mostra è molteplice e multiforme e si inserisce in un percorso di confronto tra arte e coscienza, nel senso più ampio della parola, che Fondazione Prada conduce da anni. Ma porta anche luci nuove sulla scena delle immagini con cui conviviamo ogni giorno, per esempio con il lavoro di Amalia Ulman che si è inventata per 5 mesi un personaggio che viveva solo su Instagram, oppure in quello di Juno Calypso che si è ritratta in una villa interamente decorata di rosa che in realtà è un bunker costruito in caso di guerra nucleare nel sottosuolo di Las Vegas. E a un certo punto diventa naturale chiedersi che cosa sia davvero la fotografia oggi.
"Oggi tantissime persone scattano immagini – ha concluso Melissa Harris – quasi tutti abbiamo un telefono con fotocamera e siamo bombardati dalle fotografie, che possono essere manipolate. Così si è perso il valore di evidenza delle immagini che una volta portava le persone a credere alle fotografie. Oggi non lo fanno più e non so neppure se dovrebbero".
Non si tratta però di uno scenario di sconforto, anzi, questi possibili giochi di ruolo ci parlano di possibilità alternative, di strade diverse, di nuovi modi di guardare e, di conseguenza, anche di pensare. Che nella loro anomalia apparente portano in realtà una sensazione di libertà.
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