Milano, 23 mar. (askanews) – Nell’ultimo anno, in nome della lotta alla pandemia, gli italiani hanno rinunciato a uno dei riti più consolidati delle proprie giornate: il caffè fuori casa. La colazione al bar prima di andare in ufficio, il caffè alle macchinette coi colleghi o dopo un pranzo di lavoro, un corretto per chiudere una cena al ristorante: in questi mesi molte occasioni di consumo sono venute meno, sotto il peso di decreti e ordinanze, mettendo in seria difficoltà l’industria del caffè, nonostante l’incremento dei consumi domestici. A parlarci dell’andamento di quest’ultimo anno è Michele Monzini, presidente del Consorzio promozione caffè.
"Il 2020 è stato un anno difficilissimo, abbiamo visto nel fuori casa, in particolare nel canale di vendita horeca e nel vending dei cali enormi: almeno 40% nell’horeca addirittura 50% nel vending. L’unico canale che è cresciuto è il canale del retail e l’ecommerce che sono cresciuti circa del 10% ma non sono stati in grado di compensare le perdite degli altri due canali".
Dai 3,9 miliardi di fatturato del 2019, lo scorso anno, secondo i dati del Consorzio promozione caffè, si stima si sia passati a 3,5 miliardi con una progressiva riduzione della quota di vendite fuori casa, scese dal 35 al 22%. Numeri difficili che raccontano un anno di luci e ombre del comparto, dietro i quali resta solida una cultura del caffè dove l’artigianalità, la maestria nella tostatura dei chicchi, nella creazione delle miscele incontra il piacere degli italiani nel concedersi una tazzina di caffè:
"Gli italiani sono amanti del caffè: da una ricerca Astra commissionata proprio dal consorzio promozione caffè è emerso che il 98% delle persone intervistate tra i 18 e i 65 anni si dichiarano consumatori di caffè e quasi il 60% lo dichiarano uno dei piaceri della vita. Una delle cose che è mancata di più agli italiani durante il primo lockdown è stato proprio il caffè al bar, quindi il caffè fuori casa".
Già, l’esperienza del caffè al bar è un tempo prezioso per noi italiani, uno dei simboli del nostro stile di vita, fortemente penalizzata nei mesi della pandemia. Una penalizzazione che travolto soprattutto quelle aziende che non erano strutturate nei canali di vendita retail e che possono sperare solo nella riapertura di bar e ristoranti per poter ripartire:
"La nostra industria purtroppo non ha molti strumenti per uscirne se non la differenziazione e provare a entrare, per le aziende che non sono ancora presenti, nel canale retail e magari potenziare quello che è il canale ecommerce. C’è la necessità che il fuori casa riparta e parta in maniera definitiva e continuativa: solo in questo modo tutta la filiera e quindi anche i torrefattori avranno modo di riprendere il lavoro".
Anche le esportazioni, pari a quasi al 40% del fatturato nel 2019, hanno risentito di questa pandemia che ha toccato, prima o dopo, tutto il mondo. Ma proprio dalle vendite all’estero può arrivare una boccata d’ossigeno nel 2021:
"Il caffè italiano, riconosciuto come di alta qualità nel mondo, ha successo e lo avrà anche in futuro. E’ stata una valvola di sfogo nei momenti più difficoltà per il nostro settore. Non scordiamo che purtroppo questa pandemia ha colpito più o meno tutto il mondo trasversalmente, quindi a momenti differenti tutto il mondo ne ha sofferto: di sicuro il 2021, attraverso l’export, avrà modo di darci dei segnali positivi".
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