Venezia, 20 apr. (askanews) – Domande, suggestioni, cambi di prospettiva. Con una fluidità che si percepisce a mano a mano che ci si addentra nelle sale espositive la Mostra internazionale della 59esima Biennale d’arte di Venezia spalanca porte sulla potenza della creazione artistica nel mondo di oggi, alla luce di una prospettiva storica che armonizza il tutto, ammorbidisce i codici interpretativi e in molte parti restituisce meraviglia. ‘Il latte dei sogni’, curata da Cecilia Alemani, è una mostra viva, contemporanea nel senso della proiezione di ogni opera verso un’idea di presente composito e stratificato, complesso e inafferrabile. ‘Per me il sogno – ha detto Alemani ad askanews – in questo caso è il potere onirico che gli artisti hanno di farci vedere la realtà in un modo diverso. Non è necessariamente una fuga nell’assurdo o nel misterioso, ma sono artisti che adottano queste metodologie per mostrarci il mondo in chiave diversa’.
Tra i modi con i quali si può entrare nell’anima, per così dire, di questa Biennale c’è il riferimento alle ‘capsule’ temporali che la curatrice ha disseminato nella mostra, richiami al passato e alle basi del contemporaneo. E con Roberto Cicutto, presidente della Biennale e sostenitore della continua relazione tra le varie discipline, abbiamo ragionato delle idee su cui poggiano sia l’esposizione sia l’istituzione veneziana. ‘Il pensiero è la disciplina più importante – ci ha detto – perché azzera la differenza tra passato, presente e futuro. E io credo che la scelta che ha fatto Cecilia Alemani di aprire ognuna delle cinque sezioni della mostra con le capsule nelle quali mostrare gli artisti che hanno influenzato i contemporanei è esattamente quello che i penso che la Biennale debba fare: non dimenticarsi mai del prima, dell’oggi, del domani e del dopodomani’.
Il punto di partenza della mostra è il riferimento alla lezione del Surrealismo, evidente fin dal titolo mutuato da Leonora Carrington, ma anche in questo caso la prospettiva si volge dalla storia al presente. ‘Penso che gli artisti in un certo senso abbiamo usato metodologie simili a quelle del Surrealismo – ha aggiunto la curatrice – per poter processare i traumi della nostra realtà. Penso che sia il compito della Biennale quello di parlare del contemporaneo e c’è molto contemporaneo ovviamente in mostra, ma credo anche sia importante non pensare che le Biennali siano solo una successione di eventi, ma che esistono delle linee storiche e che sia utile, come stanno facendo molti musei, guardare al passato alle storie che la Biennale ha raccontato e non ha raccontato’.
Tra queste ci sono le storie delle artiste donne, che spesso hanno vissuto una rappresentazione molto inferiore rispetto ai colleghi uomini, nell’arte come nella società. In questo senso la Biennale del 2022 manda un potente segnale inverso: circa l’80% degli artisti presenti sono donne o comunque gender non conforming.
‘Io chiedo che questa Biennale – ha ribadito Cicutto – dimostri una cosa fondamentale, che al di là del politicamente corretto, rappresenti semplicemente una fotografia del reale. Cecilia ha avuto la voglia, la capacità e l’interesse di andare a scoprire quello che altri non hanno voluto fare e quindi rappresentare, anche grazie ai temi scelti, tutto quello che negli ultimi due secoli si è riferito a questo tema’.
‘Penso che alcune delle artiste più brave al mondo in questo momento – ha concluso Alemani – siano donne, ma penso anche che come prima curatrice italiana donna, ho avuto l’onere e la responsabilità di guardare anche a Biennali del passato e riflettere sul fatto che l’asse sia stato sbilanciato dall’altra parte per esattamente 125 anni’.
Una riflessione che poi, ai Giardini e all’Arsenale assume forme diverse, dall’elefante di Katharina Frisch, Leone d’Oro alla carriera e icona di apertura della mostra, ai dipinti straordinari e dolorosi di Paula Rego, dalle sculture metamorfiche di Andra Ursuta alle figure fantasmatiche e inquiete di Sandra Mujinga. Il latte dei nostri sogni.
(Leonardo Merlini)