Hanno montato due piccole tende da campeggio accanto al ristoro. Sono arrivati da Torino, tutte e tre scout, tutte e tre 19enni. Devono fare i volontari per un giorno e una notte, ma di sicuro dormiranno poco. «I concorrenti passano a qualunque ora, noi dobbiamo essere sempre pronti». Benedetta Cerù ha portato quassù a oltre duemila metri una chitarra, a Giovanni Tirone e Francesco Butti tocca invece cantare. «Abbiamo iniziato con un Un giorno di pioggia dei Modena City Ramblers ma si è messo a piovere davvero e non era il caso. Meglio The Sound of Silence di Simon & Garfunkel…».
Il Tor des Geants, la massacrante prova di corsa in montagna che va su e giù per tutte le vette della Val d’Aosta, 330 chilometri e 24 mila metri di dislivello da superare, non è solo la sfida di oltre 700 temerari. È anche e soprattutto la gara dei volontari, anzi dei «volontor» come li chiamano da queste parti. Sono loro a tenere il conto dei passaggi, a offrire tè caldo, polenta o biscotti, ma anche a dispensare conforto quando le gambe non si sentono più e si va avanti come imbambolati in preda alle allucinazioni. Un’intera regione per una settimana respira con gli atleti del Tor, i borghi restano svegli per salutare ogni concorrente, oltre 2.500 volontari sono dislocati lungo il percorso, nelle sei «basi vita» dove ci si può fermare e cambiare, e nei 40 ristori.La macchina organizzativa si muove mesi prima, i candidati che chiedono di dare una mano sono soprattutto valdostani, ma arrivano da tutta Italia. Pietro Bernardo è romano, il Tor ha provato a correrlo ma non ha avuto fortuna, è la terza volta che torna per «stare dall’altra parte». Lo hanno ribattezzato «il sindaco dei volontari» perché quando inizia a parlare trascina tutti. «Ti trovi di fronte un’umanità variegata, ci vuole tatto e psicologia — spiega —. Devi capire subito chi hai di fronte: c’è chi si infastidisce se gli parli, altri invece vogliono essere confortarti, sono felici di sentire qualcuno dopo ore passate da soli».Accanto a lui, al ristoro del Mont de la Saxe, l’ultimo prima della picchiata sul traguardo di Courmayeur, c’è anche Luca Spada, il fondatore di Eolo, la società di telecomunicazioni che ha connesso anche queste vallate, tre partecipazioni al Tor, l’ultima senza finirlo. «A 50 chilometri dall’arrivo ho sentito una vocina che mi diceva che il ponte era crollato, che dovevo fermarmi. Mi sono buttato sul prato e sono rimasto lì per otto ore senza capire cosa stavo facendo». Quest’anno non è partito per un infortunio, ma ha voluto esserci lo stesso come «volontor». «È un modo per rivivere quelle emozioni. Il Tor non è una gara, è un viaggio mistico. Quando lo fai capisci l’importanza di chi incontri lungo il percorso, di chi ti supporta e ti dà un buon… ( Corriere Tv ). Guarda il video su Corriere: https://video.corriere.it/cronaca/i-2500-volontari-che-assistono-giganti/c4446af0-1868-11ec-85fc-f173e852a05c
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