Roma, 8 mar. (askanews) – Le sale della Galleria Borghese, con la loro straordinaria raccolta di sculture, accolgono Guido Reni e la sua pittura più monumentale. Subito all’ingresso quattro grandi pale l’altare riempiono l’immenso salone, e poi i dipinti dialogano con Bernini, il Canova e ovviamente anche con Caravaggio. Siamo all’interno della mostra "Guido Reni a Roma – Il sacro e la natura", curata dalla direttrice della Galleria Borghese, Francesca Cappelletti.
"Certamente la figura di questo artista – ha detto ad askanews – esce molto intensificata sia nel suo rapporto con l’ambiente romano sia per quanto riguarda la sua meditazione su alcuni artisti e opere che a Roma non si potevano non vedere. A Roma c’è Caravaggio, a Roma ci sono i suoi compagni bolognesi con i quali aveva già fatto un pezzo di strada prima di arrivare nella grande città".
Se la prima parte dell’esposizione gioca con la monumentalità e i riferimenti scultorei della pittura di Reni, con esiti di grande impatto, al primo piano del museo romano ci si concentra invece sull’idea del paesaggio, partendo dall’ultimo acquisto della collezione, la "Danza campestre" del 1605, che era stato dato per disperso ed è poi ricomparso sul mercato antiquario londinese nel 2008. E dal 2020 ha ritrovato il proprio posto alla Galleria Borghese.
"Questo è un dipinto singolare di Guido Reni – ha aggiunto Cappelletti – ed è un dipinto importantissimo perché dà consistenza a un altro aspetto della sua attività romana, che è proprio quello di confrontarsi con il paesaggio. La pittura di paesaggio in città in questo momento è una fiammata incredibile di novità e di confronto tra culture differenti, come quella dei fiamminghi del nord e tutta la tradizione della pittura bolognese".
Nel complesso i due livelli della mostra, che a lungo sembrano muoversi su binari paralleli, a un certo punto convergono verso l’idea di una lezione artistica ricca e articolata, che segna la transizione dal Cinquecento al Seicento e si colloca, come dimostra per esempio il confronto con Caravaggio nella "Crocifissione di San Pietro", nel pieno di un’epoca che ha segnato, anche in maniera conflittuale, la storia dell’arte italiana.