Bilbao, 9 apr. (askanews) – La storia dell’automobile, ripensata alla luce delle sue relazioni con l’arte, l’architettura, la fotografia e il cinema, all’interno di uno dei più celebri musei al mondo e con la curatela di un architetto del calibro di Lord Norman Foster. Il Guggenheim di Bilbao ospita una mostra potente, imprevista e grandiosamente allestita dedicata all’universo dell’automobile dagli albori della sua storia fino alle prospettive della futura sostenibilità: ‘Motion – Autos, Art, Architecture’.
‘Credo che la mostra racconti diverse storie – ha spiegato Norman Foster – e forse il messaggio principale è che la mobilità vive in uno stato di evoluzione costante’.
Dal Futurismo con la sua idea di velocità assoluta e forme nello spazio, al pezzo unico di una Lancia Stratos Zero, il passo è più breve di quanto si possa magari immaginare, così come intensa è la relazione tra la Pop Art e il disegno industriale, che a sua volta ha prodotto alcune auto capolavoro come la Bugatti Atlantic, che in mostra dialoga senza forzature con le sculture di Henry Moore e Alexander Calder.
‘La cultura – ha aggiunto l’architetto britannico – è assolutamente centrale nella nostra civiltà e io credo che i musei abbiamo una grande responsabilità nel rivelare e rendere visibili questi molti mondi diversi’.
Nella sale del Guggenheim di Bilbao i veicoli, alcuni assolutamente straordinari come il Dymaxion di Richard Buckminster Fuller, sono accostati alle opere d’arte di Brancusi o alle fotografie di Andreas Gursky e Margaret Bourke-White. L’Alfa Romeo BAT o la Ferrari 250 GTO si specchiano nei disegni di Frank Lloyd Wright o nelle stazioni di servizio di Ed Ruscha, o ancora le immaginiamo nel futuristico centro tecnico della General Motors realizzato nel 1956.
‘Tutto è collegato, non lavoriamo nel vuoto – ha detto ad askanews Lekha Hileman, curatrice del Guggenheim che ha affiancato la squadra di Foster in questo progetto -. Ciò che la mostra rende visibile è che i cambiamenti nel design possono avvenire a causa delle guerre, a causa della scarsità di carburanti oppure possono avvenire perché si cerca l’esclusività’.
Come l’arte, insomma, anche l’industria dell’automobile ha sempre dovuto fare i conti con la realtà, e parimenti ha cercato di guardare alla tecnologia per inseguire l’ideale della perfezione.
‘Abbiamo queste splendide scatole di Donald Judd – ha aggiunto Hileman – che era interessato alla loro perfezione meccanica, lavorava sulle strutture semplici dei suo oggetti e usava le stesse tecnologie dei progettisti di automobili per realizzare qualcosa di così unico’.
Tecnologie che già nel 1900 avevano portato la Porsche a proporre il modello Phaeton, dotato di motori elettrici nei mozzi delle ruote, concetto che poi la NASA applicò ai veicoli per l’esplorazione lunare. E l’ultima sezione della mostra indaga le possibilità del futuro con una serie di progetti realizzati dalle università di tutto il mondo, tra le quali è stata selezionata anche una ricerca del Politecnico di Milano.
‘Ci sono sempre uno scenario ottimista e uno pessimista – ha concluso Norman Foster -. Io credo appassionatamente che il futuro sarà comunque migliore e credo che ci troviamo sulla soglia di qualcosa di veramente interessante’.
Per guardare avanti, comunque, è sempre utile, e la mostra lo ricorda di continuo, guardare indietro, al concetto del Maggiolino della Volkswagen, per esempio, così come all’Op-Art di Vasarely, che disegnò il logo della Renault, produttrice di una delle auto più di successo della storia, quella R4 che in un tempio della cultura contemporanea come il museo basco sta a fianco di Bentley e Rolls-Royce, con la forza semplice di una innovazione che era pensata per la società e per tutti.
(Leonardo Merlini)
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