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Governo, il discorso di Meloni: tregua fiscale e presidenzialismo

Roma, 25 ott. (askanews) – Un’ora e dieci minuti di discorso, iniziato con un ringraziamento al Capo dello Stato Sergio Mattarella e terminato con un ricordo di Giovanni Paolo II. In mezzo un po’ di emozione, moltissimi applausi, e la declinazione di un programma di governo da attuare "a costo di non essere rieletta". Nel suo discorso programmatico alla Camera la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto di avvertire una grande e storica responsabilità: "Tra i tanti pesi che sento gravare su di me non può non esserci quello di essere la prima donna a capo di questa nazione".

Poi la sua analisi sui mali dell’Italia: "Negli ultimi vent’anni l’Italia ha avuto in media un governo ogni due anni, cambiando spesso anche la maggioranza di riferimento. E’ la ragione per la quale i provvedimenti che garantivano sicuro e immediato consenso hanno sempre avuto la meglio sulle scelte strategiche. E’ la ragione per la quale le burocrazie sono spesso diventate intoccabili e impermeabili al merito. E’ la ragione per la quale la capacit negoziale dell’Italia nei consessi internazionali è stata debole".

Per questo, ha spiegato Meloni, l’Italia ha bisogno di una riforma costituzionale in senso presidenziale, che consenta al Paese di passare da una "democrazia interloquente" ad una "democrazia decidente".

Molto applauditi dalla maggioranza i passaggi sulla riforma del fisco, definita una "rivoluzione copernicana" da attuare attraverso l’introduzione del quoziente familiare e l’estensione della flat tax, attraverso una tregua fiscale e con una serrata lotta all’evasione.

Poi un passaggio che certamente rassicurerà l’opinione pubblica internazionale: "A dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto non ho mai provato simpatia o vicinanza per i regimi antidemocratici, fascismo compreso. Le leggi razziali promulgate da Mussolini sono state il punto più basso della storia degli italiani, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre".

Infine una promessa: in Europa faremo sentire forte la voce dell’Italia, come si conviene a una nazione fondatrice. Ma non, ha sottolineato Meloni, "per frenare o sabotare l’integrazione ma per contribuirla a indirizzarla a una maggiore efficacia nella risposta alle crisi e alle minacce esterne e verso un approccio più vicino ai cittadini e alle imprese".

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