Nel 2023 in Italia, sono state uccise volontariamente 106 donne, 87 di loro in ambito familiare o affettivo. Guardando agli ultimi quattro anni, un dato è significativo: più di otto donne uccise su dieci conoscevano il loro assassino.
Questa natura “familiare” e “affettiva” dei femminicidi, spesso legata alla volontà di dominio dell’uomo sulla donna, non attiene alla sfera della “sicurezza” ma della “cultura”.
Non è quindi con pene più severe, né con qualche poliziotto in più sulle strade, che questa violenza sparirà. Perché essa investe le famiglie, la scuola, i luoghi di lavoro, la natura più intima dei rapporti umani.
Gli studi in ambito psicologico e sociologico condotti negli ultimi decenni legano questa violenza anche ad un edificio patriarcale che pone gli uomini in una condizione di superiorità economica, salariale, professionale e familiare. Quel “mito di superiorità” si riflette nei comportamenti, nell’idea di famiglia, di coppia, di società.
Come ha sintetizzato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella “un’azione efficace per sradicare la violenza contro le donne deve basarsi anzitutto sulla diffusione della prevenzione delle cause strutturali del fenomeno e su una cultura del rispetto che investa sulle generazioni più giovani, attraverso l’educazione all’eguaglianza, al rispetto reciproco, al rifiuto di ogni forma di sopraffazione”.
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