Francesco Vezzoli a Brescia, la stratificazione come forma d’arte

di solobuonumore

Francesco Vezzoli a Brescia, la stratificazione come forma d’arte

Brescia, 26 lug. (askanews) – Francesco Vezzoli è una figura centrale della scena contemporanea e uno dei filoni più celebri del suo lavoro riguarda la relazione con l’arte classica. In questo senso a Brescia va in scena una mostra affascinante, nella quale Vezzoli indossa i panni sia dell’artista sia del curatore: "Palcoscenici archeologici" è un progetto site-specific che si inserisce nel più ampio dialogo tra classico e contemporaneo portato avanti dalla Fondazione Brescia Musei diretta da Stefano Karadjov. "Francesco Vezzoli – ha detto il direttore ad askanews – con i Palcoscenici archeologici e in particolare con la collocazione della Nike Metafisica in piazza del Foro a Brescia, nel cuore dell’antica Brixia romana, rievoca due momenti straordinari per la città: da un lato la centralità della piazza del Foro nella cultura romana e la reinvenzione della piazza italiana di Giorgio de Chirico nel Novecento".

Proprio in questa dimensione di racconto ambientato, in questo dialogo a più livelli tra le diverse componenti sia delle opere di Vezzoli sia del luogo che le ospita, si sente vibrare la parte più interessante del progetto bresciano, che si autoalimenta di diverse suggestioni. "Per me l’arte – ci ha detto Francesco Vezzoli – è un eterno presente, quindi anche la stratificazione è una stratificazione di epoche, all’interno delle quali però si sono succeduti dei meccanismi psicologici, come quelli di potere, di guerra, di sentimenti, che probabilmente sono sempre uguali. Quindi vedere la stratificazione dentro le mie opere riflessa dalla stratificazione del contesto architettonico e archeologico per me è stato molto bello".

A pochi metri dalla Vittoria Alata, vera meraviglia dell’arte romana che è rinata in tutta la sua magnificenza, Vezzoli preleva, mescola, contamina: su copie in cemento di celebri sculture si innestano tracce della storia dell’arte moderna e della cultura pop: le icone del Paleolitico prefigurano Kim Kardashian; lo sguardo dell’imperatore Adriano prende colore; le sculture da giardino si ibridano con originali in marmo di epoca romana; Sophia Loren diventa una musa dechirichiana issata davanti al pubblico. Un grande teatro, insomma, una narrazione che qui trova, per l’appunto, il proprio palcoscenico.

"La Venere di Willendorf – ha aggiunto Vezzoli – è in metamorfosi e sta diventando una matrona romana; Achille il condottiero sta diventando un Achille Lauro, perché è truccato come una modella degli Anni Sessanta. Non sono sculture ferme, hanno una narrativa e quindi mi sembrava che fare un riferimento al teatro fosse la cosa più appropriata".

E anche gli spazi della Brescia romana e del Museo di Santa Giulia risuonano in modo diverso grazie agli interventi curatoriali della mostra. "Un’archeologia che è presente nel quotidiano, che subisce delle commistioni con il contemporaneo – ha concluso Stefano Karadjov – è in qualche modo il codice della comunicazione culturale che la Fondazione in questo momento porta avanti".

E forse in tal senso accanto alla Nike Metafisica l’opera di Vezzoli che più sembra corrispondere a questo codice è "God is a Woman": su una statua acefala di Giove l’artista ha innestato una testa ispirata alle sculture di Brancusi. Storia, archeologia, modernismo, ironia, diritti civili: il tutto senza rinunciare all’emozione di quella cosa indefinibile che percepiamo come "bellezza".

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