Torino, 15 ott. (Askanews) – La fotografia è, ormai da anni, al centro dello scenario dell’arte contemporanea, forse senza eccessivo clamore, ma con un’evidenza che a volte non serve neppure spiegare. Succede di sentirla, questa evidenza, visitando la mostra che le Gallerie d’Italia di Piazza San Carlo a Torino dedicano al newyorkese Gregory Crewdson, il cui lavoro riesce a unire le atmosfere di Hopper alla precisione compositiva della pittura rinascimentale; la fotografia sociale americana, alla Walker Evans per intenderci, alle ambientazioni dei film di David Lynch; la lezione di Jeff Wall a una profonda consapevolezza del potere letterario di ogni immagine.
"Quando guardiamo queste fotografie fantastiche, che sono opere di stage photography, il che significa che tutto è preparato, tutto è stato organizzato prima ed è assolutamente costruito, quando le guardiamo – ha detto ad askanews Jean-Charles Vergne, curatore della mostra – ci rendiamo conto che ci raccontano delle storie. Vediamo esseri umani con grande fragilità, che lottano con qualcosa di più grande di loro, qualcosa di potente. Ma non sappiamo che tipo di potere sia".
L’elemento misterioso attraversa tutte le diverse serie di fotografie che compongono la mostra "Eveningside", un mistero che è quotidiano e lontanissimo al tempo stesso, ordinario e metafisico. Come se i capolavori dell’umanità, come l’Odissea o Moby Dick potessero trovare un senso reale per noi, oggi, solo calati in una dimensione marginale, come le cittadine che fanno da scenario ai lavori di Crewdson. Che nello spazio torinese di Intesa Sanpaolo acquisiscono una chiarezza stupefacente, che dalle opere poi passa anche al progetto museale.
"Nella definizione dell’identità delle Gallerie d’Italia di Torino – ci ha detto Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo – il lavoro di Gregory Credwson credo sia un passo estremamente significativo. Lavorare con dei fotografi, ragionare intorno ad alcuni argomenti, trovare dalla ricerca delle risposte sull’attualità grazie alla fotografia, anche per la sua capacità di coinvolgere pubblici diversi, credo sia un aspetto certamente innovativo. Penso che il lavoro di Crewdson, il modo in cui questo spazio lo rappresenta e lo condivide sia una felice sorpresa".
Come sempre, quando ci si trova di fronte a una grande opera d’arte la sensazione è che la costruzione, l’artificio, crei una superiore dimensione di verità del lavoro. E nel caso di Crewdson vale ovviamente per le immagini costruite, ma anche per la serie di piccoli lavori in presa diretta dedicati alle lucciole – "Fireflies" – sorprendenti e profondamente evocativi, nella loro semplicità che fa, ovviamente, pensare anche a Pasolini. E poi, culmine della mostra, la serie che le dà il titolo, "Eveningside", parabola borgesiana realizzata appositamente per l’esposizione torinese.
"È la prima volta che Gregory Crewdson accetta di realizzare una nuova serie di lavori per un museo – ha aggiunto Vergne – non era mai accaduto prima".
Nelle fotografie di Crewdson il passato e il futuro non esistono, c’è solo un unico grande presente, come se guardassimo i fotogrammi di un un film, che però non esiste, ci ha detto il curatore. Nessuna immagine potrebbe essere più letteraria di questa e più profondamente calata dentro i modi in cui il contemporaneo pensa se stesso. Come forma di estremo umanesimo.