Milano, 16 gen. (askanews) – I figli degli ex prigionieri dei Gulag sovietici aspettano da 30 anni di "tornare a casa" e ottenere un alloggio nella loro città natale, come promette loro la legge. Oggi spesso vivono ancora vicino agli ex campi di prigionia in zone remote. Ma dopo un verdetto della Corte costituzionale che chiede una rapida soluzione, il disegno di legge presentato al Parlamento risulta insufficiente, con un’attesa di altri 30 anni a venire. La seconda lettura del disegno di legge, a partire dal 18 gennaio, è l’ultima occasione per introdurre gli emendamenti necessari per sbloccare la situazione.
A parlare Elizaveta Mikhailovna, figlia di una vittima della repressione ai tempi di Stalin:
"I nostri genitori lo volevano, e io gli promisi di fare di tutto. E anche mia sorella. È diventata la mia battaglia. Ovviamente la nostra ferita non si può guarire. Mio papà si è più volte scusato con noi, ma era innocente".
Figlia di un prigioniero, la 72enne è tra i figli anziani di coloro che sono stati mandati nei famigerati campi sovietici, a cui era stato promesso un risarcimento che non hanno ancora visto. Anche le Nazioni unite, oltre a una petizione di prominenti personalità con 80 mila firme, hanno chiesto che il governo russo agisca in fretta.
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