Milano, 8 feb. (askanews) – Era stato costruito per segnare il LIMES, il limite tra il mondo della civiltà e il mondo della barbarie per come erano concepiti da Roma. Il Vallo di Adriano compie
millenovecento anni e si trova oggi a fronteggiare un nuovo nemico forse ancora più minaccioso delle orde barbariche: il cambiamento climatico, che mette a rischio i tesori archeologici romani conservati in questo sito dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
"Il riscaldamento globale e il cambiamento climatico avanzano. Il terreno si riscalda molto più rapidamente rispetto alla temperatura dell’aria e questo porta queste zone sensibili a gelarsi e ad affondare e produrre crepe lasciando passare l’ossigeno dentro dei sistemi che sono stati conservati e sigillati per secoli", ha spiegato Andrew Birley, direttore degli scavi al forte di Vindolanda, in Inghilterra.
Nel corso degli anni, strutture in pietra e legno, scarpe e vestiti in pelle, strumenti, armi e persino tavolette di legno scritte a mano sono emerse attorno al muro, fornendo uno spaccato della vita romana di quel tempo.
Sono oggetti che emergono dal terreno paludoso nel corso del tempo. Ma oggi il rischio è che tutto sia corrotto dal contatto con l’ossigeno.
Ora gli archeologi affrontano la sfida del cambiamento climatico, e con essa una serie di domande: "Oltre 1900 anni è un lungo periodo per un monumento come questo. E una delle domande che ci facciamo per il futuro è di sapere se sopravviverà altri 1900 anni . E cosa possiamo fare per prendercene cura", ha concluso l’archeologo Birley.