ROMA (ITALPRESS) – “Qualsiasi fissazione generalizzata di limiti di velocità nel contesto urbano risulta di per sè arbitraria, in quanto la regolazione della circolazione stradale deve essere operata in maniera capillare, in ragione delle caratteristiche di ciascuna strada o tratto di strada”. E’ quanto contenuto nella direttiva che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha inoltrato ai ministeri competenti e all’Anci sui limiti di velocità, a seguito dell’ordinanza del Comune di Bologna che ha istituito in città il limite massimo di circolazione a 30 km/h. Secondo il Mit, la ponderazione dei limiti di velocità deve essere valutata non solo rispetto all’innalzamento del limite massimo di velocità da 50 km/h a 70 km/h, ma anche rispetto all’introduzione di limiti massimi inferiori ai 50 km/h, nella consapevolezza che l’imposizione generalizzata di limiti di velocità eccessivamente ridotti potrebbe causare intralcio alla circolazione e, conseguentemente, risultare pregiudizievole sotto il profilo ambientale, nonchè dell’ordinata regolazione del traffico, creando “ingorghi e code” stradali.
E’ evidente, quindi, che “i provvedimenti adottati dagli enti proprietari delle strade devono essere informati ad un approccio capillare, consistente nell’introduzione di deroghe rispetto al limite generale dei 50 km/h solo per aree delimitate, perchè solo tale approccio consente di fornire adeguate motivazioni in ordine alle ragioni che giustificano il ricorso ad una diversa regolazione del traffico, a tutela di primarie esigenze della collettività. Analogamente, si giustificano anche deroghe al predetto limite generale dei 50 km/h temporalmente delimitate, ad esempio in ragione dell’esigenza di imporre limiti diversi da quelli previsti dal legislatore in presenza di afflussi turistici nei periodi di alta stagionalità, ovvero in coincidenza con flussi straordinari di traffico”. Secondo la direttiva, con una condivisione voluta dal ministro, Matteo Salvini, “solo un approccio di tale natura consente di comprendere se la ponderazione degli interessi attinenti alla pluralità di interessi pubblici spinge, in ragione delle specifiche esigenze dell’ambito stradale di riferimento, verso il mantenimento di limiti massimi di circolazione coerenti con la previsione dell’articolo 142, comma 1, ovvero verso la fissazione di limiti più elevati (fino alla soglia massima di 70 km/h) o ancora verso l’imposizione di limiti inferiori ai 50 km/h”.
Se il bilanciamento degli interessi coinvolti fosse disatteso o irragionevole, è lo stesso legislatore a riconoscere in capo al ministro competente il potere di “modificare i provvedimenti presi dagli enti proprietari della strada, quando siano contrari alle proprie direttive e comunque contrastanti con i criteri di cui al comma 1”. Secondo la direttiva, inoltre, questi criteri sono coerenti con l’impianto delineato dal Piano Nazionale Sicurezza Stradale 2030, sottoposto alle valutazioni del CIPESS, laddove il riferimento alle cd. “zone 30” non ha valenza assoluta e generale, bensì si richiama l’opportunità di prevederle comunque nel rispetto di “principi di credibilità e coerenza” nonchè, con specifico riferimento all’ambito urbano, si suggerisce “una chiara individuazione della viabilità a 50 km/h e delle zone a 30 km/h” a valle di una “revisione della gerarchizzazione delle strade”.
E’ evidente, quindi, che “i provvedimenti adottati dagli enti proprietari delle strade devono essere informati ad un approccio capillare, consistente nell’introduzione di deroghe rispetto al limite generale dei 50 km/h solo per aree delimitate, perchè solo tale approccio consente di fornire adeguate motivazioni in ordine alle ragioni che giustificano il ricorso ad una diversa regolazione del traffico, a tutela di primarie esigenze della collettività. Analogamente, si giustificano anche deroghe al predetto limite generale dei 50 km/h temporalmente delimitate, ad esempio in ragione dell’esigenza di imporre limiti diversi da quelli previsti dal legislatore in presenza di afflussi turistici nei periodi di alta stagionalità, ovvero in coincidenza con flussi straordinari di traffico”. Secondo la direttiva, con una condivisione voluta dal ministro, Matteo Salvini, “solo un approccio di tale natura consente di comprendere se la ponderazione degli interessi attinenti alla pluralità di interessi pubblici spinge, in ragione delle specifiche esigenze dell’ambito stradale di riferimento, verso il mantenimento di limiti massimi di circolazione coerenti con la previsione dell’articolo 142, comma 1, ovvero verso la fissazione di limiti più elevati (fino alla soglia massima di 70 km/h) o ancora verso l’imposizione di limiti inferiori ai 50 km/h”.
Se il bilanciamento degli interessi coinvolti fosse disatteso o irragionevole, è lo stesso legislatore a riconoscere in capo al ministro competente il potere di “modificare i provvedimenti presi dagli enti proprietari della strada, quando siano contrari alle proprie direttive e comunque contrastanti con i criteri di cui al comma 1”. Secondo la direttiva, inoltre, questi criteri sono coerenti con l’impianto delineato dal Piano Nazionale Sicurezza Stradale 2030, sottoposto alle valutazioni del CIPESS, laddove il riferimento alle cd. “zone 30” non ha valenza assoluta e generale, bensì si richiama l’opportunità di prevederle comunque nel rispetto di “principi di credibilità e coerenza” nonchè, con specifico riferimento all’ambito urbano, si suggerisce “una chiara individuazione della viabilità a 50 km/h e delle zone a 30 km/h” a valle di una “revisione della gerarchizzazione delle strade”.
– Foto: Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).