Roma, 13 gen. (askanews) – Il pedagogista Daniele Novara è tra i firmatari di un appello urgente promosso da associazioni e movimenti scolastici per la riapertura delle scuole secondarie in presenza, perché la loro chiusura prolungata, che in pratica dura ormai da 10 mesi, mina i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e con essi il futuro dei ragazzi e delle ragazze e del nostro Paese.
"I diritti dei bambini e dei ragazzi sono diritti inalienabili, che hanno anche una necessaria considerazione giuridica, se non giudiziaria, che però in questo momento sono in uno stato di sospensione con gravi danni per la loro crescita, quindi abbiamo messo insieme un documento di 36 pagine, in modo che il mondo politico si ricordi che non esistono solo le malattie virali, ma esistono eventualmente purtroppo anche le malattie dello sviluppo, della crescita".
Scomparsi nel primo lockdown, quando l’Italia è stato il primo paese in Europa a chiudere le scuole a marzo, nella seconda ondata gli studenti e le studentesse sembravano avere un posto privilegiato, tanto da tenere aperte le scuole in presenza anche nelle zone rosse. Ma questo non è accaduto per i ragazzi più grandi, che ora rischiano di pagarne le conseguenze.
"I danni, sono soprattutto i danni da isolamento sociale, che possono condurre anche a situazioni depressive, di refrattarietà, perché si impara a vivere durante l’adolescenza", ha spiegato il fondatore del Cpp, centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti.
"Sono chiusi in casa con la mamma, quindi c’è una regressione, può portare a dei disturbi o in termini di rabbia, per cui possono spaccare la casa, aggredire i genitori o anche fare le famose risse o vice-versa, più comunemente, atti di autolesionismo in maniera diretta, a livello anche corporeo, ma in maniera più indiretta stando ore e ore sui videogiochi perdendo anche il senso della realtà, oppure un’altra area di autolesionismo, scambiando il giorno con la notte, facendosi del male con l’assenza prolungata di sonno", ha denunciato.
"Il problema è che bisogna aiutare i ragazzi in questa età a saper vivere, a imparare a vivere. La scuola è anche questo, anzi prevalentemente questo", ha sottolineato.
Solo 3 le regioni (Valle d’Aosta, Toscana e Abruzzo) che hanno ripreso le lezioni in classe dopo le vacanze di Natale.
"L’opinione pubblica è piuttosto mortificata da questo giochino Regioni-Stato, Regioni-Stato, questo non è federalismo, ma è un gioco dell’oca in cui si ritorna sempre al punto di partenza con gravi danni per tutti".
"Ci saranno dei ristori per questi scompensi? Certo, i ristori sarebbero possibili. Aiutare i genitori a tirare su una generazione fortemente ferita dalla pandemia, aiutare i genitori, le famiglie, aiutare gli insegnanti con formazione, assistenza psico-pedagogica e anche aumento di stipendio e anche le vaccinazioni degli insegnanti, metterle fra le priorità", ha auspicato l’autore di bestseller come "Urlare non serve a nulla" (Bur Rizzoli 2014) o "Cambiare la scuola si può" (2018).
Eppure in Germania, di fronte a dati sconfortanti sulla pandemia, la cancelliera Angela Merkel a metà dicembre ha deciso di chiudere tutto, anche le scuole.
"Io non valuto la decisione della Merkel come una decisione politica, ma una decisione emotiva. Ha fatto un po’ come facciamo noi, un po’ di pancia, neanche tanto demagogica".
Intervista di Stefania Cuccato
Montaggio a cura di Carla Brandolini
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