ROMA (ITALPRESS) – L’economia italiana si avvia ad evitare la recessione anche nel primo trimestre del 2023. E’ quanto emerge dall’analisi Congiuntura Flash di febbraio di Confindustria. Il ribasso del prezzo dell’energia da fine 2022, che rimane comunque ben al di sopra dei livelli di due anni fa, sta favorendo la riduzione dell’inflazione in Italia e Europa (seppur su valori ancora elevati) e questo lascia intravedere la fine del rialzo dei tassi entro il 2023 (non prima di un altro paio di aumenti). La fiducia risale, i servizi restano in crescita sostenuti dalla tenuta dei consumi, mentre industria e investimenti reggono a fatica i maggiori costi di credito e commodity. Il prezzo del gas resta relativamente basso a febbraio (56 euro/mwh in media), ben sotto i livelli registrati in tutto il corso del 2022 (ma era a 14 euro nel 2019). Anche il prezzo del petrolio sembra essersi stabilizzato (83 dollari al barile), su valori poco superiori a quelli pre-crisi (64 dollari). Viceversa, rincarano a inizio 2023 le commodity non-energy (+3,4% da ottobre), soprattutto i metalli (+16,8%), mentre i prezzi alimentari continuano a scendere (-1,2%). L’inflazione italiana continua a calare (+10,1% a gennaio, +11,8% a ottobre), grazie alla minor variazione annua dei prezzi energetici (+43,1%, da +71,1%); ma la dinamica al netto di energia e alimentari è in salita (+4,6% da +4,2%), per la trasmissione dei rincari passati (energia) agli altri beni. A dicembre il costo del credito per le imprese italiane è salito ancora: 3,55%, da 1,18% a fine 2021. La quota di imprese industriali che ottiene credito solo a condizioni più onerose è cresciuta al 42,9% (da 7,3%). La stretta segue il rialzo del tasso ufficiale Bce, portato al 3,00% a febbraio e annunciato a 3,50% a marzo; poi secondo i future potrebbe esserci un ultimo ritocco nel 2023 e infine lo stop; il Btp a febbraio si è stabilizzato al 4,04%, poco sotto i picchi (era a 0,97%). La produzione ha registrato un rimbalzo a dicembre (+1,6%), dopo tre mesi di calo. Nel 4° trimestre la variazione è stata comunque negativa (-0,9%, dopo -0,6% nel 3°), ma poco marcata nella manifattura (-0,4%). E i dati qualitativi di gennaio dipingono uno scenario in miglioramento: il PMI è risalito in area di lieve espansione (50,4 da 48,5), la fiducia delle imprese ha smesso di scendere e oscilla su livelli modesti, gli ordini calano meno, le scorte si sono lievemente ridotte. Nelle costruzioni, invece, la fase di debolezza è attesa proseguire: il PMI è a 48,2 (da 47,0). A dicembre il comparto del turismo è rimasto sui valori del 2019 (appena -0,4% come spesa dei viaggiatori stranieri). Buone le indicazioni sui servizi nel 1° trimestre: a gennaio il PMI è balzato in area di crescita (51,2 da 49,9) e la fiducia delle imprese del settore ha continuato a risalire. Le vendite al dettaglio (di beni) fiacche nel 4° trimestre 2022 (+0,4% in valore, -1,8% in volume) confermano decisioni di consumo prudenti per l’alta inflazione; la spesa delle famiglie si è spostata ancor più verso i discount. Cresce invece la spesa per servizi. Per gli investimenti, lo scenario è migliorato a inizio 2023: le aspettative delle imprese sulla domanda sono tornate positive (+10,4 sul 1° trimestre il saldo delle risposte, -4,8 per fine 2022); e cresce la quota di aziende che prevede un aumento degli investimenti nei primi sei mesi (20,0 da 14,4). Accanto a un’occupazione in aumento (+37mila a dicembre), si registra in Italia una scarsità di manodopera per una quota crescente di imprese (7,3% da 1,8% a fine 2019, nella manifattura), segnale di carenze quantitative e disallineamenti di competenze (ma meno che nella UE). Nel 2022 l’export italiano è aumentato del 7,7% in volume: USA e Francia i primi mercati per contributo alla crescita; gli articoli farmaceutici e chimico-medicinali hanno fatto da traino. Tale ottima dinamica incorpora, però, una stagnazione nel 4° trimestre, che riduce il “trascinamento” al 2023 (appena +1,0%). Inoltre, a gennaio permangono segnali di rallentamento per l’export, in base ai giudizi sugli ordini esteri delle imprese manifatturiere. In Francia e Germania, dove a fine 2022 si è registrato un rallentamento del PIL meno intenso di quanto prospettato dagli analisti (+0,1% e -0,2%), gli indicatori qualitativi a gennaio tracciano un quadro più ottimistico, sebbene con forti asimmetrie: il PMI tedesco dei servizi torna in zona di espansione (50,7), mentre quello manifatturiero resta molto sotto la soglia (47,3); in Francia invece è la manifattura a risalire (50,5), mentre i servizi sono ancora deboli (49,4). Negli Usa 4° trimestre 2022 il PIL è cresciuto più dell’atteso (+0,7%), grazie a consumi e investimenti e soprattutto all’impulso della spesa pubblica (+0,9%). A inizio 2023, si conferma debole l’attività industriale: piatta la produzione, in area recessiva il PMI e l’ISM (46,9 e 47,4) e l’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago (44,3). Viceversa, le vendite al dettaglio sono salite (+3,0%), in linea con la maggiore fiducia dei consumatori (66,4), mentre l’inflazione è scesa poco (6,4%).(ITALPRESS).
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