Milano, 13 mag. (askanews) – Puntare sulle Comunità energetiche rinnovabili come miglior difesa dei territori contro i rischi degli shock energetici generati dalle distorsioni del mercato e dai conflitti geopolitici. E’ questo il mood emerso dal confronto nella sessione pubblica dell’assemblea nazionale di Confcooperative Consumo e Utenza, dedicata in particolare ai temi dell energia. "Dobbiamo partire proprio dalle comunità – ha spiegato Roberto Savini, presidente di Confcooperative Consumo e Utenza, riconfermato nel mandato, proprio nel corso dell assemblea della federazione, anche per il prossimo quadriennio – Comunità energetica è una definizione fatta di due parole: comunità ed energia . Noi dobbiamo partire da lì se vogliamo risolvere i problemi che derivano da una energia importata e non auto-prodotta sul territorio. Dobbiamo partire da fare comunità e poi dopo che abbiamo fatto le comunità fare energia. Questi sono i due punti fondamentali da realizzare e crediamo che ciò sia possibile solo attraverso la radicazione nei territori di questo argomento".
Il mondo della cooperazione si muove sulle tematiche energetiche sia con la forza di una esperienza di lungo periodo -basti pensare al ruolo rilevante svolto tuttora dalle Cooperative elettriche storiche- sia con la lungimiranza di una visione progettuale. Sulle Comunità energetiche, infatti, Confcooperative ha avviato un lavoro di analisi sui territori già da alcuni anni, dalle prime indicazioni dettate della direttiva europea in materia. "Abbiamo creato dei modelli – ha confermato Savini – perché prima di tutto dobbiamo sviluppare dei prototipi. Siamo in stretto contatto con Rse, Ricerca di sistema energetico, e già in alcune situazioni grazie alla loro collaborazione, abbiamo avuto dei modelli funzionanti. Questi sono modelli piccoli; noi ora abbiamo bisogno di estenderli puntando a fare dei modelli di comunità che associno cittadini ma anche imprese per far sì che l’energia sia prodotta sul territorio e non debba essere importata".
"Le comunità energetiche rinnovabili rispondono a bisogni individuati dai propri membri e rispondono chiaramente a quelle che sono le caratteristiche sito-specifiche delle realtà coinvolte in queste iniziative – ha spiegato poi Fabio Armanasco, intervenuto nel corso dell assemblea di Confcooperative Consumo e Utenza – le analisi di Rse, Ricerca di sistema energetico, hanno dimostrato come sono tre i principali modelli costitutivi. Il primo modello, public driven, che vede la partecipazione dell’amministrazione pubblica. Il secondo modello che risponde ad esigenze di carattere sociale: un esempio virtuoso è la comunità energetica rinnovabile di san Giovanni Teduccio Napoli. Il terzo modello invece che vede il protagonismo della piccola media impresa: sono quindi schemi di attivazione industry-driven. Tutti e tre questi modelli rispondono però ha un senso comune: quello di comunità".
Per il mondo cooperativo le Comunità energetiche rinnovabili si configurano dunque come un modello intrinsecamente coerente con i valori della cooperazione. "Non ci sono dubbi sul fatto che oggi per salute, clima, prezzi, e indipendenza strategica l’Italia debba accelerare sulle comunità energetiche che è una modalità in cui consumatori diventano prosumer, sono più partecipativi, sono più generativi: quindi un modo per aumentare la felicità collettiva – ha sottolineato Leonardo Becchetti, economista e docente all’Università di Tor Vergata, tra i partecipanti del panel di discussione che si è svolto durante l assemblea – E questo è molto più facile che lo possano fare imprese che non guardano solo al massimo profitto senza preoccuparsi gli effetti esterni sociali ambientali negativi, ma imprese che hanno una forma cooperativa che quindi nascono naturalmente per soddisfare gli interessi dei degli stakeholder e tra questi anche i consumatori che hanno un problema serio con le loro bollette".