"A distanza di un anno faccio tuttora fatica a ricordare quella notte". Ancora è incredulo Giorgio Milesi, infermiere, coordinatore della terapia intensiva dell’ospedale civico di Codogno, quando ripensa al momento in cui prese in mano il referto del tampone di Mattia, il paziente 1, e lesse ‘positivo al sars covid 19’: "da quel giorno cambiò tutto". .Codogno fino a poco più di un anno fa era uno dei tanti paesi del lodigiano. Questa piccola città da 16.000 abitanti è improvvisamente diventata nota in tutto il mondo come uno degli epicentri di un virus che avrebbe segnato le nostre vite. ."All’interno della terapia intensiva sembrava scoppiato il mondo: pazienti per terra o sui lettini in corridoio, dottori isolati, pochi respiratori e noi che spesso dovevamo autogestirci – racconta emozionato Giancarlo Visigalli, uno dei primi residenti che si ammalò di Covid a febbraio – Da quest’anno festeggio il compleanno il 15 marzo, il giorno in cui sono stato dimesso dall’ospedale dopo un mese e mezzo di calvario e ho potuto riabbracciare la mia famiglia. Quel giorno è stato come rinascere". ."Era una situazione irreale, queste cose le vedi solo nei film – aggiunge Massimo Rocca, volontario della croce Rossa in prima linea durante la pandemia – Era impensabile immaginare che da Wuhan il virus sarebbe arrivato a Codogno". .A un anno di distanza da quel 21 febbraio 2020 il videoreportage che racconta una città ancora ferita con le voci di chi in quelle settimane decise di andare avanti e affrontare l’evento che ha completamente cambiato le vite di tutti. .di Daniele Alberti ed Edoardo Bianchi