Roma, 15 feb. (askanews) – Il sistema della ricerca italiana ha punti di forza ma anche di debolezza. È su questi ultimi che bisogna intervenire per farne un motore di sviluppo e crescita del nostro Paese, sfruttando al meglio l’opportunità unica offerta dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un punto su cui si è insistito a più riprese durante la presentazione della "Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia" realizzata da un gruppo di lavoro di diversi Istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Giunta alla sua terza edizione, la relazione offre una panoramica della ricerca italiana sia pubblica che privata, come evidenzia la presidente del Cnr Maria Chiara Carrozza: "È una fotografia molto puntuale che spero si ripeterà ogni anno con sempre maggiore enfasi e sforzo da parte nostra perché come ente pubblico di ricerca uno dei nostri compiti è anche cercare di servire il nostro Paese e tutto il sistema della ricerca".
Un quadro da cui emergono spunti interessanti, come il tema dei dottorati di ricerca: "Uno degli elementi interessanti della relazione – ha evidenziato la presidente del Cnr – è anche il confronto salariale tra i nostri dottori di ricerca dopo 6 anni dal dottorato rispetto a quelli degli altri Paesi nel mondo e questo gap non solo mette in evidenza la differenza di genere, che dal mio punto di vista è inaccettabile, ma mette anche in evidenza che forse dovremmo aiutare il sistema a valorizzare. Non è un’imposizione, non dico le imprese devono capire l’importanza del dottorato. Il Pnrr può essere un percorso per capire insieme come il dottorato e la ricerca ‘disruptive’ possono cambiare anche l’organizzazione delle imprese perché c’è un tema anche di organizzazione, di modi manageriali dell’innovazione che dobbiamo cambiare. Oggi la ricerca ha preso 8, dobbiamo lavorare perché con il Pnrr arrivi al 10".
Pnrr che mette a disposizione risorse senza precedenti, come evidenzia Daniele Archibugi, uno dei coordinatori del lavoro. "Questa relazione fa vedere che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza l’Italia ha il più grande bilancio per la Ricerca e Sviluppo, addirittura più di quello della Germania. Abbiamo 17 miliardi. È un’occasione unica che dobbiamo utilizzare per far fare all’Italia un salto".
Il governo, ha sottolineato il ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa, è già intervenuto con diversi strumenti che puntano a rafforzare la ricerca. "Abbiamo sia previsto un aumento dei fondi ordinari per le università e per gli enti di ricerca, che va a crescere nel corso del tempo e questo permetterà di fare più ricerca e anche di reclutare più professori e ricercatori. Abbiamo messo due fondi di ricerca, il fondo italiano per la scienza e il fondo italiano per le scienze applicate, che vanno a colmare quelle ricerche sia di base che più applicative anche individuali con grossi grant. Continueremo – ha aggiunto il ministro – con il Prin e con il Pnrr, e per quanto riguarda quello che viene costruito grazie al Pnrr sarà fondamentale promuovere quei progetti che danno un’idea di sostenibilità anche a lungo termine, proprio per questo abbiamo mescolato pubblico e privato, accademie e imprese proprio per dare una continuità che si autosostenga. É molto importante – ha concluso Messa – mantenere alta la competitività e la caratteristica della ricerca innovativa. Quindi anche un salto dalla ricerca di base al prodotto, quella che in Europa chiamano ‘disruptive innovation’, è un punto in cui non siamo forti e dovremmo cercare di investire di più".
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